domenica 28 dicembre 2014

#CountYourBlessings... 'cause life flies high

Quel sole nel cielo. Così grande, accecante nel suo splendore che si riverbera sulla neve immacolata.


Quella neve che sospinta dal vento si posa lieve, come uno spruzzo d'acqua giocoso quando solchi il mare in barca.


Quel vento che ulula tra le fronde dopo il tramonto, quando il buio avvolge i boschi e la valle e il silenzio diviene denso, palpabile.


Quel tramonto che incanta, rosso e oro, trionfante, una fiamma che incendia il cielo ancora carico di nubi promettenti.


Quella fiamma che danza nel camino, rischiarando il cuore, proiettando ombre giocose nella stanza.


Quel cuore che batte al ritmo della natura che pulsa, intensa, immensa, viva.




sabato 27 dicembre 2014

#CountYourBlessings: My Winter Wonderland

La neve, tanta, soffice, leggera. Camminare senza scopo, senza meta, con il solo gusto di respirare, sentire i propri passi sprofondare, il giaccone e il cappuccio ricoperti di fiocchi meravigliosi.
Il telefono che per tanta umidità si arrende.
Il buio che ci avvolge, l'abbraccio della sera, l'aria silenziosa e rarefatta.
Un camino scoppiettante, luce, calore, profumo di legna.
Luci soffuse, la tisana fumante, il panettone profumato.
La cena sul fuoco, Michael Bublé dallo stereo. 
La pace nell'aria, le luci lontane tra le fronde innevate degli abeti, la serenità nel cuore.

Michael Bublé - Winter Wonderland





mercoledì 24 dicembre 2014

Guardo bene, guardo a fondo, e lì scorgo la tua anima.

È Natale. È arrivato.
Le ultime commissioni, gli ultimi pacchetti, qualche telefonata, i primi messaggi di auguri a chi ci è vicino, perché paradossalmente sono loro gli ultimi a cui si fanno gli auguri, il più a ridosso possibile del giorno di Natale.
È un Natale speciale per LiV Yoga, un Natale che ha portato doni grandi, parole importanti, calore nell'anima e una nuova serenità.
È un Natale nuovo, per un nuovo sentire che si fa sempre più evidente nel cuore, sempre più profondo nell'anima.
È un Natale di ascolto, un Natale non come culmine ma come inizio di un nuovo ciclo, di una nuova onda.

Ed è il Natale in cui comprendere e finalmente lasciare andare.

Ho pensato tanto a loro, coloro i quali, in un passato recente o remoto, in un modo o nell'altro mi hanno spezzato il cuore, deluso profondamente, abbandonato nel momento del bisogno, accoltellato alle spalle. Molti di loro sono ormai lontani, in cammino su altre strade, altri invece incrociano ancora il mio percorso, e i nostri sguardi, volenti o nolenti, talvolta devono incontrarsi. Alcuni ancora provano ripetutamente a mettermi i bastoni fra le ruote e a seminare perfidia, a porre ostacoli e a incrinare rapporti

Ma dopo tanto soffrire, tanto tentare di allontanare da me il pensiero e il ricordo, tanto cercare di rappezzare i danni e di prevenirne di ulteriori, finalmente ho saputo mettermi in ascolto davvero di ciò che la mia "guru" ripete sempre, di quella parola dal potere grande: compassione. Com-passione. E così iniziare a guardare un poco oltre, non solo con la mente, ma col cuore. E iniziare a guardare dietro, o dentro, a quell'involucro che tutti noi siamo, a quel corpo e quella personalità e quelle vicende che ci hanno resi così, e che ci fanno muovere, agire, pensare, sentire così.
E cominciare a sentire - e non a giustificare solo razionalmente - la ragazzina che ha cercato nell'anoressia quel grido disperato di amore, l'uomo che ha visto tutto sfuggirgli dalle mani mentre tutto sembrava essere ormai suo, la donna abbandonata da mariti e figli, l'uomo cresciuto in mezzo alla malattia e alle separazioni e in fuga sempre e comunque. E sentire quella paura di amare e di essere amato, la necessità di ammaliare chiunque a ogni costo, il rifugiarsi in un tempo passato di immobilità, la suscettibilità alle facili lusinghe e il terrore di perdere un ruolo. E così tante altre vicende ancora, tutte diverse, tutte colme di significati che non conosciamo, che sono nascosti nelle pieghe delle storie di ciascuno, sofferenze subite e gioie conquistate, timori e rivalse, delusioni e sogni da perseguire. 
Sentire, e non solo afferrare con la mente. E improvvisamente vederla, guardando bene, guardando a fondo, e lì scorgere l'Anima. L'anima gioiosa di ognuno di noi, libera, lucente, leggera, colma di amore, priva di paura, autentica, generosa. Scorgerla e sorriderle.
E provare quella com-passione per ognuno di noi, per i nostri sforzi, le nostre battaglie, i nostri sogni realizzati o annientati, per le paure, per le necessità, per le vicende a volte terribili a volte "solo" faticose, per le solitudini, per le ombre. Com-passione, perché ognuno di noi naviga questo mare a volte calmo e trasparente, altre volte cupo e in tempesta, altre volte ancora silenzioso e imperscrutabile.

Quanto sarà difficile perdonare definitivamente, non lo so ancora. Quanto sarà difficile provare questa com-passione quando ancora arriveranno stilettate e schiaffi, non lo so ancora. Quanto sarà difficile restare in questo spazio e in questa consapevolezza, anche questo è ancora un mistero.

Ma ho iniziato a lasciare andare davvero, e questo è uno dei doni grandi di questo Natale, un dono di cui sono grata e a cui mi inchino: aver potuto scorgere quel luogo e quello spazio, aver potuto sentire nel cuore quella morbidezza, avere percepito con forza il potere di lasciare andare, e in alcuni casi di amare senza confini, di sentire le nostre anime ancora dialogare tra loro, al di là delle distanze terrene.

Che sia per tutti un Natale di speranza, di amore, di luce.

Namasté.








domenica 21 dicembre 2014

Blessed days of completion.

Il respiro della Terra.
Il suo scivolare su un'orbita nello spazio.
Il suo danzare intorno al sole, in compagnia di una luna fedele, mentre altre luci lontane decorano il profondo insondabile.
La leggerezza del suo roteare in un'immensità di cui non riusciamo a immaginare i contorni.
Una danza ipnotica, un moto perenne, un ritmo vorticoso, nella quiete infinita.

Silenzio.

Quello dell'inverno. Del seme che nel buio si accomoda, che nel buio attende e si nutre.

Silenzio.

Tra i suoni resi rarefatti dalla nebbia, quella pausa in cui tutto rallenta e respira, si espande.

Silenzio.

Nell'attesa della rinascita, di un rintocco di campana, di un fiammifero che accende l'aria.       E luce fu.


Riti e rituali, celebrazioni e ritrovi. L'albero illuminato, un presepe adornato, un cuscino da meditazione, un tappetino su cui snocciolare un mala di saluti al sole, un inchino profondo, uno sguardo al cielo, o uno sguardo laggiù, laddentro, verso il cuore.

Danzare nella danza cosmica. Ascoltare quei ritmi più grandi di noi, osservare quei moti che ci muovono, accordarci con la sinfonia che si dispiega negli spazi infiniti e infinitesimali.

Essere moto nell'immoto, luce nel buio, ascolto nel suono, voce nello spazio, rifugio nel cuore.



Blessings to you all.





Un giorno da ricordare.

Per la morbidezza degli abbracci. Per la luce lieve del sole. Per un mala di Surya Namaskara a celebrare il solstizio d'inverno. Per gli attimi sospesi nel tempo. Per la semplicità. Per i sorrisi e le risate fragorose. Per l'incontro con la sorella dell'amico di sempre (quello che pur surfando onde di mari diversi, incontri ancora ed ancora, nei momenti che contano, e in fondo è come se si camminasse accanto ogni giorno, da sempre): lei, che come la moglie del tenente Colombo, da oltre vent'anni non ha mai avuto un volto. E ora ce l'ha. E una voce. E un sorriso. E anche lei a bere con noi un caffè fumante. Per un cane che è amore e gioia e calore e aggregazione intorno a un tavolo. Per le mail di un Amico che ogni volta ti incantano, anime in un dialogo puro e vero. Per gli amici che ci hanno accolto come ogni anno nel loro locale, e come ogni anno ci hanno coccolato, noi, tanti, rumorosi, chiassosi, felici. Per chi vedo troppo poco e quando lo abbraccio è casa, casa vera. Per chi c'è sempre, e condivide passo a passo il cammino e ci manda doni geniali, ed è generosità a cuore fatti persona. Per chi adesso è stanca, e vorresti accogliere in un nido di calore e relax, ma lei non ha tempo di fermarsi. Per chi con un solo sguardo comunica affetto. Per chi porta luce e allegria, per chi condivide pensieri e preoccupazioni, per chi è in cammino lungo un'impervia salita, per chi ha ottenuto grandi risultati, per chi è ancora in attesa. Per noi tutti, per il nostro incontrarci sempre in questa occasione, per essere Amici, e dircelo con forza. Per chi fa i salti mortali per esserci. Per chi quest'anno non ha potuto. Per chi ha il suo cuore intrecciato al mio. Per il bene che vi voglio.
Grazie per aver reso questo un giorno da ricordare.


venerdì 19 dicembre 2014

Social-media-web decluttering

Un social-media-web detox. Iniziato quasi per caso, nel bel mezzo delle pratiche che mi stanno accompagnando verso il solstizio d'inverno, immersa nella bellezza delle letture delle Upanishad, del silenzio ovattato, del buio precoce, della fiamma danzante di una candela. Un social-media-web detox per recuperare ritmi antichi, quando i social non esistevano, quando le ricerche erano lunghe e laboriose, quando si parlava al telefono, magari per ore, ma solo dopo cena, al posto di vedere il film.
Un social-media-web detox interrotto solo per controllare lo stato dell'arte dei lavori del nuovo sito, per verificare le prenotazioni alle pratiche di questo week-end, per leggere il blog della mia blogger del cuore, e per scrivere questo post. Per il resto, niente sbirciate ai post degli amici, degli "amici" e delle pagine che seguo. Per scoprire così che qualcosa mi manca - alcune informazioni preziose per la mia attività che ora lì vengono pubblicate, i pensieri belli degli amici, le condivisioni e gli insegnamenti di quelle che mi piace chiamare le mie "guru" - e qualcos'altro decisamente no (i selfie e le innumerevoli stucchevoli foto per apparire - ovunque, comunque e con chiunque - inondate dai "bellaaaa/eeeee/oooo/iiii" e "miss u", ormai divenuti commenti d'ordinanza). Per comprendere che è il momento di tagliare qualche pesante ramo secco, per chiedersi anche perché ce lo siam tenuti lì a notificare (o a non notificare, se non per malcelata 'ipocrisia', così a lungo) e per confermare il proprio credo che se anche "business is business", "life is life". E la vita è troppo preziosa per lasciarla inquinare da ciò che non risuona con noi. Della serie: il mondo è già strapieno di faccende che volenti o nolenti ci influenzano, almeno nelle scelte diamoci questa grande libertà: di scegliere davvero. Col cuore. Perché ci va, perché ci interessa, perché aggiunge qualcosa alla qualità della nostra vita. Liberandoci dalle zavorre di cui magari ci siamo caricati per "buona educazione", per "gentilezza" o anche per quella che credevamo "convenienza", ammettiamolo pure, e ripulire così il nostro spazio - mentale, emotivo e web - da roba che non ci interessa. Via.
Proprio sui social gira da mesi questa citazione attribuita a Meryl Streep:

"Non ho pazienza per alcune cose, non perché sia diventata arrogante, semplicemente perché sono arrivata a un punto della mia vita, in cui non mi piace più perdere tempo con ciò che mi dispiace o ferisce. Non ho pazienza per il cinismo, critiche eccessive e richieste di qualsiasi natura. Ho perso la voglia di compiacere chi non mi aggrada, di amare chi non mi ama e di sorridere a chi non mi sorride. Non dedico più un minuto a chi mente o vuole manipolare. Ho deciso di non convivere più con la presunzione, l'ipocrisia, la disonestà e le lodi a buon mercato. Non tollero l'erudizione selettiva e l'arroganza accademica. Non mi adeguo più al provincialismo e ai pettegolezzi. Non sopporto conflitti e confronti. Credo in un mondo di opposti, per questo evito le persone rigide e inflessibili. Nell'amicizia non mi piace la mancanza di lealtà e il tradimento. Non mi accompagno con chi non sappia elogiare o incoraggiare. I sensazionalismi mi annoiano e ho difficoltà ad accettare coloro a cui non piacciono gli animali. Soprattutto, non ho nessuna pazienza per chi non merita la mia pazienza."


Al di là dell'affermazione riguardo al "mondo di opposti" che richiederebbe un approfondimento filosofico di un certo spessore e questa non è la sede, condivido molto di questo messaggio, soprattutto l'assunzione di responsabilità di scegliere per noi stessi, nel limite del possibile, ciò che è meglio per noi. E, per quanto in nostro potere, di smettere di farci condizionare da ciò che è convenzione sociale, abitudine, usanza.
Lasciamoci alle spalle pesi e zavorre, ripuliamo l'aria intorno a noi, valorizziamo il bello e prezioso che c'è intorno a noi, smaltiamo il superfluo. Un decluttering in piena regola. E come cassetti e armadi, anche i nostri profili web torneranno a respirare, a profumare di fresco, di lavanda e di cedro, di nuovo, di vero, di utile.

E ora, serafica e felice, torno al mio social-media-web detox. Alla cena con gli amici. A un week-end al profumo di panettone e candele. Ai sorrisi di chi amo. Alla beneficenza che in più occasioni sarà tema di questi giorni. Ai libri colmi di saggezza antica. Alle pratiche meditative. Al respiro di giorni speciali.

Namasté.





venerdì 12 dicembre 2014

Glow in the dark.

Un ciclo si chiude, oggi. E contestualmente il nuovo riemerge, nella danza incessante dell'eterno divenire. C'è quell'attimo di sospensione ora, che nutre la mente di vuoto, che dissolve la visione su di un domani di cui non si sa ancora (e in fondo mai si può sapere), quel terreno in cui le aspettative non possono crescere, quella parentesi nello spazio tempo in cui tutto è ora, e tutto è niente.
Un momento di riflessione, anzi tante occasioni per guardarsi dentro, ascoltarsi, incontrarsi, crescere.
Scambi fatti di verità che si incontrano, di persone che decidono di confrontarsi con la propria vita, il proprio passato, i propri demoni, le proprie infinite possibilità di divenire.
Questioni da affrontare e da risolvere, pesanti sul cuore, perché la scelta di tempi e di parole fa la differenza: la differenza tra scrollarsi di dosso con liberatoria violenza la rabbia e il malessere di mesi, o, invece, appellarsi al meglio di sé e fare quel passo oltre che parla di equanimità, di visione più ampia, di equilibrio. In un modo o nell'altro la responsabilità è nostra, è nostra la scelta, è nostro il sentire con cui dovremo poi confrontarci.
E il mood, lo sento anche io, di questo post è adombrato, parecchio. Così come il buio si fa strada sempre prima nelle nostre giornate, in questi giorni che corrono verso il solstizio di inverno, così questo è il momento di chiudere il sipario su questioni che non hanno più motivo di essere con noi, è il momento di portare a compimento azioni, scelte e progetti, è il momento di tirare le somme e prepararsi al nuovo che verrà.
Ho incontrato molte persone ultimamente che portano carichi pesanti, altre che si destreggiano in spazi sempre minori di azione, altre ancora che pur essendo in grado in potenza, in realtà non ce la fanno... situazioni umane, così diffuse e così personali, uniche. 
C'è un detto che esorta a essere gentili col prossimo, perché ciascuno di noi sta combattendo la propria personale battaglia di cui nulla possiamo realmente sapere. Di una vita, o di un momento, non ha rilevanza: sempre battaglia è.
Quanto è vero. E quanto è importante che chi di noi se la sente, cerchi di essere quella luce nel buio, che regala un sorriso, uno sfogo, una speranza. E la fiducia. Nonostante le proprie ombre, i propri sipari da chiudere e cassetti da riordinare, sappiamo che possiamo essere quella luce. Perché ci siamo passati, perché ci siamo abituati, perché ci siamo impegnati a comprendere, perché dedichiamo la nostra vita a questo. Che non è ignorare le ombre che anche noi ci portiamo appresso (e questo post ne è volutamente intriso), bensì cogliere insieme la luce che in realtà vibra in tutti noi. Perché quella luce c'è e risplende, nel nostro cuore, nel profondo. Sta a noi sintonizzarci con essa, consentirci di incontrarla, respirarla. E sta a noi offrirci, farci veicolo dove quella luce fatica ad arrivare allo scoperto, appellarci al nostro cuore perché nello spazzare via le nostre di ombre, si espanda quel poco più in là, dove uno sguardo, una mano, una voce ci richiamano.
La parentesi nello spazio-tempo lentamente si dissolve. A momenti saprò qualcosa in più. Prospettive e aspettative si abbozzeranno. Un nuovo ciclo sta iniziando in questi istanti.
Comunque sia, qualunque cosa sia... glow in the dark.

Glow in the dark...



mercoledì 3 dicembre 2014

Good vibes. Cosa vogliamo dal Natale.

Stamattina arrivo alla cassa del reparto "casa e addobbi natalizi" di un noto e tradizionale grande magazzino della mia città. Ci sono poche persone in coda - una coda che da quel momento in poi si allungherà di molto, nell'attesa che una signora indisponente q.b. conduca a termine la sua battaglia per un disguido riguardo a un buono sconto di 10€. Un battaglia di frasi taglienti e atteggiamenti acidi, con la richiesta di vedere il direttore, con la richiesta di vedersi impacchettare e infiocchettare il tutto con metri di carta velina (valore acquisto totale 29€) mentre la coda si allunga, con l'atteggiamento di voler instaurare una guerra, anche e soprattutto dopo che la cassiera (che mai ha perso il sorriso e la sua professionalità durante i 40 minuti che sono rimata in attesa e, presumo, neppure dopo), aveva risolto il problema del buono sconto (problema buono sconto risolto in 5 minuti... permanenza, dopo la suddetta soluzione, della signora indisponente alla cassa prima dell'estrazione della carta di credito dal portafogli: 25 minuti).
Una di quelle situazioni in cui normalmente (e, se vogliamo, anche comprensibilmente stante il potere del contagio emotivo) gli animi di tutti - cassiera, persone in coda, eventuali astanti - si scaldano e si agitano, in cui la gente lascia i prodotti dove può e se ne va, in cui scattano insulti e critiche incrociate, in cui alla fine sono imbufaliti tutti. 
Noi no. E' successo che in quella coda a un certo punto eravamo in sette, otto persone che pazientemente hanno atteso il loro turno, scambiandosi occhiate complici, sorrisi e qualche battuta, ironica - lo ammetto - sulla signora-buono-sconto, e di ammirazione e solidarietà per la commessa, una specie di angelo della calma in mezzo alla tormenta, che però a un certo punto aveva l'aria di essere un poco in affanno, tra gli insulti della "sciura" e la coda che si allungava e il collega di reparto che non trovava un albero di Natale e le telefonate per fare arrivare il direttore. E noi lì. Col sorriso, calmi. Good vibes che si propagano, assorbendo e annullando la tensione. Con una delle mie compagne di coda poi mi sono pure incontrata poco dopo in un altro negozio: un sorriso complice, un "buongiorno" e una risata prima di proseguire ognuna per la sua strada. Good vibes che si diffondono, che ci accompagnano nella giornata.

E' Natale, quasi. E c'è quel fermento nell'aria, che sa di buono, di luci a illuminare i balconi e le vie della città, di doni da cercare, di commissioni da fare, di panettoni da prenotare. E' Natale e ormai, giusto o sbagliato che sia, per molti di noi questo fermento nell'aria, le vetrine luccicanti, il profumo dei dolci, i pranzi e le cene da organizzare... tutto ciò ormai per molti di noi è tradizione, quella quantomeno con cui siamo cresciuti, quella che accende i ricordi dell'infanzia, quando tutto intorno era meraviglia e incanto di luci, di palline rosse e oro, di attesa dei doni e della neve.

E' Natale, e in molti, per fortuna, stanno cercando di richiamare la nostra attenzione sullo sbandamento consumistico-egoistico-vanesio che sta sempre più sviando dal suo significato primario questa festa della rinascita, della luce, dell'amore, della speranza.

E' Natale, e il movimento di sensibilizzazione a un'alimentazione più rispettosa del pianeta e degli animali si fa sentire, come in occasione del Thanksgiving, per smuovere almeno un poco le nostre coscienze, per aprirci un poco di più gli occhi.

E' Natale, ed è tutte queste cose. 

E' la magia, è il dono, è la Luce e le luminarie, è il profumo di zenzero e canditi, è l'addobbo dell'albero, è il ritrovarsi a brindare con gli amici, è l'attesa della neve. Qualcuno si scaglia contro tutto questo, e sui vari social ho letto di chi non festeggia più, non compra regali, non partecipa a pranzi, e ha cancellato - per scelta e non per impossibilità, lo sottolineo - questa festa.

Eppure io credo, invece, che il Natale oggi conservi, o forse addirittura, accresca il suo significato. Perché se in mezzo al reparto addobbi la signora-buono-sconto ha perso le staffe e affilato le armi, nello stesso reparto una decina di persone si sono unite, senza deciderlo scientemente, ma accordandosi come strumenti di un'orchestra, scegliendo col cuore di suonare una sinfonia di pazienza e di attenzione. Perché se la corsa sfrenata al regalo ha raggiunto livelli aberranti, l'arte del donare resta un'espressione di quell'amore che desideriamo tutti alla guida della nostra vita. Perché ritrovarsi con autentico interesse e con sincera gioia con amici e parenti rinsalda i legami e la solidarietà. Perché nel fare la spesa per i nostri pranzi possiamo portare quel poco di consapevolezza in più, e se anche non vogliamo e non riusciamo a fare scelte radicali, possiamo porci qualche domanda, e possiamo trovare qualche risposta nuova, diversa. Perché nella confusione dei negozi, nelle compagnia di qualche parente con cui non risuoniamo, nelle file in panetteria, nel traffico  impazzito possiamo esercitarci alla pazienza, all'ascolto, alla comprensione, all'accettazione. Perché portando attenzione, ascoltando il nostro cuore, e ricercando il vero significato di Babbo Natale, possiamo ritrovare quei valori che hanno sempre fatto grande questa ricorrenza, possiamo ritrovare la magia che ci incantava da bambini, possiamo ritrovare quella connessione profonda tra noi e gli altri, possiamo sentire il nostro cuore battere all'unisono con l'Universo intorno e dentro di noi, possiamo unirci nel vero spirito del Natale. L'amore.


P.s.: L'anno scorso mi è arrivata questa foto, non ricordo come e da chi. La lettera di due genitori che spiegano al figlio chi è Babbo Natale, Santa Claus. "...Babbo Natale è amore e magia e speranza e felicità. Noi siamo nella sua squadra, e ora lo sei anche tu..."

Immagine dal Web





lunedì 17 novembre 2014

Perché centrarsi non è tutto.

Sto attraversando settimane difficili. Non gravi, ma impegnative, in cui tutti i programmi sono saltati, in cui ci si deve riorganizzare, in cui l'assistenza da garantire ad altre persone si è posta in primo piano, in cui ci sono stati stravolgimenti fisici ed emotivi. Un periodo turbolento, che durerà ancora parecchio tempo. E sto attraversando questo periodo con grazia e con l'aiuto fattivo e morale di molte persone che ci sono, ognuno a modo suo, nelle infinite declinazioni che l'amore, la solidarietà e l'empatia sanno esprimere, un caleidoscopio di parole, messaggi, abbracci, presenza, gesti, cose, pensieri, azioni. La presenza, l'esserci, che ci rende così umani, che ci unisce, che ci fa forti, insieme.
E sono grata di tanta bellezza, di ogni sfumatura che il cuore umano sa dipingere, di ogni sorriso, sguardo ed emoticon.
Ma in mezzo a tanta soffice presenza, si notano anche delle assenze, dei vuoti, dei silenzi, dell'indifferenza, di persone che non credevi. Non credevi, non tanto per il rapporto che intercorre (le relazioni, si sa, spesso sono intrise di soggettività, di aspettative, di illusioni, di convenienze, di apparenze, di mezze verità),  ma per ciò che queste persone praticano e professano. Quotidianamente.
Eppure. Eppure, per strano che sia, è così.
E allora ti trovi a riflettere, sulla centratura, sul non attaccamento, sul vivere nel qui e ora, sul momento presente, sull'ascolto interiore. Le pratichi e le insegni anche tu, tutte queste cose, ti ci ispiri nel tuo essere, nel tuo fare, nel tuo scrivere su questo blog. Sono cose in cui credi, di cui hai sperimentato la potenza, la rilevanza, la verità. Eppure. Eppure manca un pezzo. Perché se centrarci, vivere nel presente, non attaccarci a niente e nessuno, si traducono in anestesia emozionale, in mancanza di empatia e di coinvolgimento, in incapacità di esprimere gesti di presenza e di affetto, di tatto e di partecipazione (o almeno di comprensione), forse ci si è persi per strada qualcosa.
Quel qualcosa che è intrinseco al nostro essere umani: il sentimento, l'emozione, l'amore vero e incondizionato. L'Amore per noi, per noi esseri umani, che viviamo, quotidianamente respiriamo su questo pianeta, quotidianamente manifestiamo la ricchezza del nostro mondo interiore, quotidianamente interagiamo, quotidianamente ci esprimiamo, ognuno nel modo e nel linguaggio che gli è proprio, quotidianamente viviamo attimi, attimi che sono un eterno presente, che tuttavia tessono la trama di una vita, in cui si svolgono e si svelano sogni, pensieri, emozioni, paure, speranze. E pur restando centrati, distaccati, radicati nel "qui e ora" questo è ciò che succede tutto intorno a noi, le cose accadono, le persone vivono, sperano, gioiscono, soffrono, fanno fatica, cercano appigli, lavorano. Tendere una mano, offrire un sorriso, scrivere un messaggio, scambiare uno sguardo... sono tutte espressioni della nostra umanità. 
Centrarsi, allora, è sì importante, ma non è tutto. Centrarsi è una dimensione individuale, essenziale, difficile, ma se fine a se stessa, diviene sterile, ci rinchiude in una bolla che rischia di rasentare l'indifferenza. Se il nostro essere centrati diviene sinonimo di chiusura, se restare in quella dimensione di non attaccamento ci rende distanti dalla vita che pulsa, dall'universo di anime intorno a noi che vive e che si esprime, se ciò accade, saremo magari sereni e imperturbabili, ma sterili. Sarà uno sterile passaggio il nostro, incapace di nutrire altre vite, di scambio consapevole di energia, di condivisione. Aprire il cuore, essere interessati all'altro, offrire la nostra presenza, esserci... tutto questo è nutrimento vero, per gli altri, per noi, per tutti.

Namasté.


mercoledì 12 novembre 2014

Create space for the sacred ritual of your-self.

Sii gentile con te stesso.

Troppo spesso ce ne dimentichiamo.

E troppo spesso ci sottoponiamo a ritmi e tensioni che a lungo andare ci logorano.

Così, anche nel vorticare dell'esperienza, trova quello spazio per onorare te stesso, la tua pura essenza, il tuo essere più profondo. 

Non trascurarti, perché meriti di avere la massima cura di te, di poter respirare nell'equilibrio. 

Donati attenzione, piccole cure, istanti di presenza consapevole e di consapevole amore di te.

Ciò che dall'esterno ti perturba e che spesso con tanta violenza si ripercuote al tuo interno - nel cuore, nella mente, sulla pelle - non necessariamente deve prendere possesso di te. 

Sei tu che scegli, che puoi governarlo. 

E se anche, come ho scritto altrove in questi giorni, "ti accorgi che il "qui e ora" oggi è scomodo, tanto, e se anche è l'unica vera dimensione, c'è da lavorare per starci dentro, per davvero comprendere quella meraviglia, tanto facile anch'essa a dirsi, meno facile a viversi con onestà in quei momenti in cui il "qui e ora" non è idillio ma ruvida roccia", è pur vero che c'è sempre un istante in cui ti accorgi di esserti perso. 

In quel momento intervieni dolcemente. 

Non è mai troppo tardi. 

Recupera-ti. 

Onora-ti. 

Ama-ti



giovedì 6 novembre 2014

Pranam alla Terra

Mai come oggi la Madre Terra mi nutre, mentre le mie mani affondano a berne l'energia, la potenza, la rassicurazione, il conforto. Mi radico saldamente e mi affido alle vibrazioni che capto, che mi attraversano, che mi attraggono verso un centro gravitazionale profondo, potente.
Da giorni srotolo il tappetino, ma la pratica tentenna, si frammenta, e il corpo sembra ribellarsi. Vuole la terra, il radicamento profondo, la quiete dell'abbandono. E così è un prolungato pranam la mia pratica di oggi, quella "whole-body invocation" in cui mi apro al potere divino, mi inchino e mi offro a Ciò Che È. Umiltà e fiducia, sollievo e conforto.
Il potere della Terra è grande, lo senti scorrere e attraversarti, ne avverti la solidità, la costanza. Giunge nel cuore, lo abbraccia. Giunge nella mente, la placa. Giunge nell'anima, la avvolge.
Ascolto l'odore, la consistenza, la soffice essenza che pulsa, che ci sostiene in ogni passo, in ogni divenire, che accompagna le nostre danze, che accoglie le nostre soste. Ascolto la stabilità, mi sento albero che affonda con le sue radici, si aggrappa, e trova quel saldo appiglio, l'abbraccio della terra, e il suo nutrimento. Ascolto il centro gravitazionale che mi ancora a sé, mi accoglie, non mi lascia sfuggire nello spazio infinito.

Namasté.


giovedì 30 ottobre 2014

Se e quando...? ... Ora.

Se e quando pubblicherò questo post vorrà dire che una nuova fase della mia vita sarà sbocciata, timida e delicata, come un bucaneve che solleva il capo in una distesa di candore incontaminato.
Ci saranno emozioni vibranti, timori e incertezze, ma ci sarà luce, quella timida e cristallina del tardo inverno, che gentilmente scioglie la neve e accarezza i petali teneri e inesperti.
Ci sarà un turbinio di attività, un brain-storming continuo, un muoversi frizzante, come champagne spumeggiante non appena il tappo salta via col suo "botto" inconfondibile.
Ci sarà sollievo, ci saranno pensieri, ci sarà calma, ci sarà attenzione focalizzata.
Ora, nel limbo ancora, mi adatto alle pause interminabili, ai tempi lenti, all'andatura compassata di ciò che non ha fretta di arrivare e di mostrarsi. Sto con me stessa, con le emozioni e con l'umore, mi lascio andare al fluttuare incessante dell'esperienza che in ogni istante si rinnova, in ogni istante ci invita a centrarci, a essere responsabili della nostra presenza, del nostro essere.
E'  pratica yoga, questa, intensa e pura. E' attenzione al respiro, all'allineamento, al nostro pulsare al ritmo del cuore e della vita che scorre.
Se e quando pubblicherò questo post vorrà dire che otto anni di lavoro incessante, di dedizione, di coraggio e di passione si saranno condensati in concreta materia. Vorrà dire che avrò vinto fantasmi, paure, insicurezze e che la mia passione e la mia determinazione saranno stati più forti di tutto. Vorrà dire che i sogni, sì, i sogni si realizzano, e che sì, è vero, i pensieri sono l'origine della materia, e che sì, è vero, attraiamo nella nostra vita ciò che è al centro delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. Vorrà dire che "volere è potere" e che "crederci sempre, arrendersi mai" non sono vuote formule ma realtà tangibile.
Vorrà dire che mi sarò già prostrata a terra, grata e profondamente, incredibilmente, intensamente felice.


domenica 28 settembre 2014

Waiting for the stars to shine...

Le cerco e non le trovo.
Scruto in alto, qualche lucina soffusa mi sorride, offuscata dal bagliore della città che si proietta in alto, sfumando tutto con un velo pallido.
Ho nostalgia, lo ammetto, tanta e terribile, di quelle notti d'estate trascorse con il naso all'insù, la testa sprofondata nelle braccia conserte dietro la testa, lo sguardo che si inoltra nelle profondità e si avventura lontano, attratto dalle luci scintillanti e dal buio più profondo.
Ho nostalgia del tempo che si dilata all'infinito, della mente che si placa, dello stupore che si fa largo, del senso di immensità che mi invade sollevandomi da terra, sciogliendomi nel Tutto.
Ho nostalgia del vento che accarezza il volto, del rumore del mare, del bisbigliare delle fronde, delle sinfonie sempre nuove, sempre armoniche, che la natura ci dona, colmando il silenzio, per poi sfumare per farcelo sentire, davvero, il silenzio.
Ho nostalgia del sentirmi piccola piccola sotto il cielo immenso, perché quel sentirsi piccoli è in fondo un sentirsi grandi, della stessa materia di cui sono fatte le stelle.
Osservo le mie mani sulla tastiera, guardo lo schermo, sento il clic-clic dei tasti... 
Ascoltare il mio cuore, dargli voce, è già tanto, è essere consapevole, è riconoscere un sentimento che mi pervade, è sapere che sento una mancanza, è cercare di colmarla.
Le cerco lassù, tra i bagliori della città, e non le trovo. 
E allora oggi sono rimasta quaggiù, ho comprato il biglietto, mi sono seduta... e saran solo proiezioni, saran solo foto... ma hanno rinsaldato la mia volontà di continuare a cercarle, di sentirle vive e vibranti nella mia vita, di scrutare il cielo, di assorbirne la luce, di sondarne le profondità.


Un pomeriggio al planetario...
Waiting for the stars to shine.


mercoledì 24 settembre 2014

Pensieri che scorrono nei primi giorni di autunno

E' autunno, è arrivato.
Settembre corre sempre, più di ogni altro (paradossalmente) il mese dell'inizio, delle attività che riprendono, dei corsi da prenotare, degli abbonamenti da rinnovare, degli impegni da pianificare.
Settembre corre, e noi con lui, proiettati verso l'autunno, verso la stagione in cui la natura si ritrae in se stessa, gli animali selvatici accumulano provviste nei boschi per i mesi freddi del letargo, tutto si prepara ai lunghi giorni di buio e di quiete, in un andirivieni, un movimento costante, un turbinio di foglie nel vento.
Quelle foglie che si fanno croccanti, i colori a riscaldarsi come a voler restituirci un po' di quel fuoco che il sole ora donerà all'altro emisfero, in quell'alternanza magica che sono le stagioni. 
E un poco sfasa questo sentirci all'inizio (l'inizio del nuovo anno scolastico per molti di noi resta come l'inizio vero, tangibile, pratico dell'anno), quando in realtà siamo nel ciclo della fine, della natura che ha compiuto il suo viaggio attraverso le stagioni, del raccolto dei frutti, del ritorno al buio da cui poi tutto originerà di nuovo.
Nelle città un po' tutto questo si perde. Restano le foglie sui  marciapiedi e la parabola del sole a ricordarci tutto ciò, e il freddo che lentamente si insinua tra gli stipiti e i vestiti.
Cerco nell'aria, nel cielo quel contatto con la natura, quel contatto che durante l'estate mi ha restituito molto, e comunicato molto di nuovo. Quel dialogo col mare, quel silenzio dei monti, quello stupore davanti ai cieli stellati, quello specchiarsi nella luna.
Cerco, e so che la ricerca vera è dentro di me. Verso quel nucleo profondo da cui tutto si diparte, che tutto ascolta, che tutto comprende.
Viviamo di ruoli, di pensieri, di luci e ombre, di emozioni, Siamo presi in mille cose, attività, impegni, relazioni, viaggi, percezioni che in ogni istante si fanno strada in noi, a livello cosciente e nel sottobosco fitto dell'inconscio, come semi che magari un giorno germoglieranno, ricoperti dalla terra e dalle foglie di questo autunno ancora acerbo.
A volte ci perdiamo, altre vorremmo aver dato e fatto meglio e di più, altre ancora siamo un po' immobili, perplessi. 
La vita ci offre occasioni innumerevoli per essere, per viverci, per esprimerci. Non sempre siamo soddisfatti della nostra espressione nel mondo. Ma anche questa "imperfezione" ha un valore. Ieri insegnando sentivo una qualità sfuggente delle mia presenza. C'ero, ma avrei voluto esserci meglio. Un suono distonico, che forse solo io ho percepito, ma che mi ha disturbata per le ore a seguire. La realtà è che nella nostra umanità dobbiamo fare i conti con le nostre naturali fluttuazioni, di umore, di centratura, di presenza. Strattonati spesso tra le nostre manifestazioni e i nostri ruoli, il nostro centro talvolta si sfilaccia, per esserci ovunque, contemporaneamente. Ci vuole pazienza, dedizione e mestiere per comprendere, apprendere, lasciare andare anche questo.
Consapevoli che dentro di noi pulsa quel nucleo autentico, unico, profondo, che ci riconnette con noi stessi e con l'infinito, ogni volta che ci rivolgiamo a lui, ogni volta che guardiamo il mondo, ascoltiamo, respiriamo, ci esprimiamo attraverso di lui. 


lunedì 22 settembre 2014

Food-issues o consapevole libertà?

Sai quando hai un argomento che ti frulla in testa, e vorresti metterlo giù a parole, in un modo consono, accattivante e comprensibile, e più ci provi più il tutto risulta inchiodato e stucchevole? E non è che puoi abbandonare, perché in fondo è una cosa che vorresti condividere, ci vedi del potenziale di interesse e comunque ti piacerebbe scriverne. E giri, rigiri, provi e riprovi, ma non trovi quell'incipit, quello slancio che ti è proprio. Ecco, a quel punto ti restano due vie, come blogger: desistere (e rimandare a tempi migliori) oppure scrivere di getto, con buona pace dello stile e della consecutio temporis. 
Così, oggi si parla di alimentazione. Del nostro rapporto col cibo. Di quel rapporto sotto i riflettori per molte ragioni (dalle patologie - allarmanti e diffuse - legate a disagi psichici, alle questioni relative a OGM, carne bombata di ormoni e similari, alle scelte di diete vegan, paleo, crudiste...) e che per molti rappresenta quotidianamente una sfida, si tratti di questioni dietetiche, estetiche, di allergie o  di intolleranze alimentari.
Insomma, il cibo nell'epoca dei "foodies" è al centro dell'attenzione. Così può accadere che una cara amica ti osservi e ti dica: "Tu hai un rapporto controverso col cibo." E tu resti di stucco. Io? Io che mangio in serenità quel che mi va, che non ho particolari intolleranze, che amo cucinare, che da quando ho memoria non ho avuto un problema di peso (sovra- o sotto-), che in famiglia sono la "nutrizionista" di riferimento? Io? Rapporto controverso? 
Approfondiamo, e lei spiega: "Sai, ci sono persone che sono disinteressate al cibo, mangiano perché devono, altre che lo venerano, altre ancora che regolarmente si abbuffano. Tu invece oscilli, a volte sembra interessarti e appassionarti, altre volte no, a volte mangi dolci di ogni tipo, altre un'insalata o poco più, tipo curva sinusoidale...".
E allora capisco. E capisco anche che ormai ci hanno talmente abituati a considerare regolarità e uniformità di comportamento come normalità, che il mio muovermi con libertà e scioltezza quando di tratta si nutrirsi, appare sconclusionato e sintomo di un rapporto problematico col cibo. Per carità, in alcuni casi può anche essere che un atteggiamento del genere sottenda un disagio. 
Ma anche no. Quanto meno non nel mio e, credo, nemmeno nel caso di molte altre persone.
Riflettiamo: cos'è il cibo? Il cibo è il nostro carburante, una delle nostre fonti primarie di prana, di energia, insieme al respiro (tralasciamo qui di menzionare le altre fonti di energia, più sottili e che spesso agiscono nella nostra totale inconsapevolezza). Mangiamo per nutrirci, per poter mantenere il nostro corpo in salute, per poter compiere le nostre attività con la giusta carica e un'adeguata riserva di energia. E il nostro dispendio di energia, come ci insegna mirabilmente l'ayurveda (l'antica scienza indiana della vita)*, dipende sì dalla nostra particolare e unica costituzione fisica (prakriti), ma non solo. Anche l'ambiente ha un ruolo fondamentale. E intendo l'ambiente in senso lato: il dove ci troviamo, il come e con chi, ma anche il quando. La stagione, ad esempio, ha un impatto fondamentale sui nostri processi corporei, soprattutto alle nostre latitudini in cui c'è grande variabilità climatica, implicando che, nel corso del tempo, il nostro corpo debba adattare al clima (caldo, secco, umido, freddo etc.) le sue modalità di mantenimento dell'omeostasi interna e del conseguente stato di benessere. E "stato" è una parola grossa, perché la vita è intrinsecamente un processo dinamico, e quindi anche l'equilibrio (che in questo contesto possiamo usare come sinonimo di benessere) è un processo naturalmente dinamico.
Quindi?
Quindi chi l'ha detto che avere un rapporto "liberamente fluttuante" (nei limiti della ragionevolezza!) con l'alimentazione sia problematico? E se si trattasse invece, della capacità del corpo di scegliere giorno per giorno, momento per momento ciò che è bene per lui? 
Parlo della mia esperienza, e posso confermare che è così. Nel mio caso, almeno. Il mio è infatti un approccio al cibo totalmente consapevole e cosciente. Volutamente non prestabilisco in modo rigido il mio stile di alimentazione, che è per sua natura molto vario. Posso dire che in generale non mangio altro che frutta prima delle 11, che tendo a seguire una dieta semi-vegetariana (il pesce fa parte abituale della mia dieta), che da sempre la merenda del pomeriggio è un must, e che non amo abbuffarmi. Ma posso anche dire che: mi piacciono i dolci (tanto); cappuccino e brioche sono una grande invenzione; se mi invitano a cena e ci sono salumi o ragù non mi formalizzo; il vino è cosa buona e giusta (nei limiti!); e, nel contempo, tendo a rispettare il mio adorato #VeganMonday (tradotto: di lunedì nessun alimento di origine animale, nessuno). Ho un rapporto controverso col cibo?
No. Esploro, sperimento (come nel caso del #VeganMonday o del "solo frutta fino alle 11": ho provato, per curiosità, e ho poi mantenuto l'abitudine per gli enormi benefici che ne traggo), e soprattutto ascolto. Ascolto il mio corpo, la mia mente, le mie emozioni: come sto? cosa mi serve? E di conseguenza mi alimento, nel "qui e ora" delle mie esigenze. E così, se come sabato pomeriggio mi sento debole, il cupcake con il Mars (giuro, una bomba chimico-calorica di cacao, farcita dentro e fuori di Mars, ma veramente ottima) diviene un booster di energie prezioso; e se dopo una mela a colazione e due ore di insegnamento di yoga, mi mangio quattro tranci di pizza, non mi considero "out of control" ma anzi in piena consapevolezza che, sì, un simpatico reintegro di carboidrati ci sta proprio.
Che poi, in fondo, è ciò che è bene fare anche quando si pratica, e sopratutto, quando si propone in qualità di insegnante, una pratica yoga: a seconda dell'orario, del periodo dell'anno e dell'energia della "sala" (intesa come energia delle persone che praticano con noi) ci sono sequenze e asana più o meno appropriate, si opta per vinyasa più solari o più lunari, si offre un'esperienza il più possibile in sintonia con il "qui e ora". Energia che si muove, sempre, così come nella pratica così  nell'alimentazione.
Ovviamente ci sono persone che necessitano di diete più rigide e programmate, per vari motivi, ed è bene che le seguano con rispetto e con perseveranza. Ma in base alla mia esperienza, e a quella di altri con cui ho condiviso queste riflessioni, mi sento anche di dire che nel momento in cui si porta la consapevolezza nelle proprie scelte, anche e in primis in quelle alimentari, la necessità di regole ferree viene meno. Il consapevole ascolto del corpo ci fornisce tutte le indicazioni per orientarci e scegliere la qualità dell'energia di cui necessitiamo in quel momento: un frutto, leggero e vitaminico? zuccheri semplici perché per questa volta abbiamo bisogno di extrapower? siamo con amici e chisseneimporta al salame per una volta non si dice di no? Un mio stimato insegnante di yoga, che avevo conosciuto come strettamente vegetariano fino ad allora, una sera a cena mi dice: "Io mi sa che ordino una tagliata. Sento che il mio corpo necessita ora di proteine animali." Ed eccezionalmente gliele ha concesse.
Anni fa, dopo un lungo viaggio in pullman per andare in gita scolastica, arrivai a destinazione con una gran nausea. Non passò per due giorni. Poi, il terzo pomeriggio, camminando casualmente davanti a una gelateria, mi fermo e dico alla maestra: "ecco cosa mi ci vuole: un gelato al mirtillo." La maestra era perplessa, con la nausea non le pareva una buona idea. Lo comprai, lo mangiai. E stetti subito bene, niente più nausea, solo benessere. Da quel giorno non ho mai smesso di ascoltare il mio corpo, e, possibilmente, di dargli ciò di cui ha bisogno.
Qualche anno fa, in un periodo di forte stress, iniziai ad avere i sintomi di un'intolleranza al lattosio. Feci tutti gli esami clinici, ma non emerse nulla di significativo. Certamente i miei disturbi avevano un'origine psicosomatica, ma altrettanto certamente erano accentuati dai latticini, che avevo sempre digerito senza problemi. Mi posi in ascolto. Mi resi conto di aver cercato di ignorare per troppo tempo il reclamo del mio corpo, e di aver testardamente cercato di "coccolarmi" con quei cappuccini e con quei biscotti che erano, in quel momento, il mio comfort-food. Ma lo erano solo per la mente, il corpo reclamava. Lo ascoltai, e iniziai un periodo di "disintossicazione" dal lattosio, e solo quando mi sentii meglio reintrodussi pian piano formaggi e similari. Fu un periodo importante: capii molte cose di me stessa e dell'imbuto emotivo in cui mi ero cacciata, e compresi ancora meglio di prima il potere di autoguarigione del corpo, che si innesca quando davvero e consapevolmente ci mettiamo in ascolto.
Certo, talvolta mi accade di essere incauta, e allora magari anche io eccedo, nel dare o nel sottrarre, ma è la vita, è umano, è comprensibile. Ma poi la consapevolezza torna a far luce, e in pochi momenti l'equilibrio è ristabilito, e si ritorna nel flow, energia che si nutre liberamente e coscientemente di energia, in quel continuo moto di cambiamento che è la vita.



*L'ayurveda è una mirabile, complessa e vastissima scienza, la cui conoscenza richiede anni di approfonditi studi. Il suo richiamo in questa sede è puramente generico e riferito ai tre dosha (kapha, pitta e vata), le energie vitali che, tra l'altro, permeano il corpo fisico e predominano nelle diverse stagioni, dando luogo a specifici accorgimenti per il mantenimento di un salutare equilibrio.

martedì 9 settembre 2014

Cedevolezza

Interno giorno. Temporale, un muro d'acqua che si abbatte sulla città. Finalmente la natura che irrompe prepotentemente anche nella vita cittadina, e per me, yogini metropolitana in astinenza di quei sole, mare, monti, cielo e stelle che mi hanno accolta e accudita in queste ultime settimane, è un momento da celebrare, da onorare, nel modo migliore che conosco. La pratica Yoga.

Interno giorno. La pioggia si acquieta. Savasana. Il corpo immobile, il respiro lento, la mente silenziosa. L'abbandono. La terra mi sostiene, l'aria mi nutre, non mi serve altro. Scivolo in profondità, in quel luogo di pace e di luce che mi accoglie senza riserve, senza timore. Scivolo nella luce, nuvole di colore che si espandono al ritmo del respiro. Scivolo senza meta, senza attese, senza pretese.

Sono qui. Qui, ora. In questa luce, in queste spire di indefinita bellezza. Qui, ora. Nell'unico luogo e istante reali. Qui, ora. E tutto è facile, ovvio, risolto. Non c'è nulla da cercare, nulla da recriminare, nulla da temere, nulla da fuggire. Qui, ora. E' tutto ciò che c'è. Ed è immensità, ampiezza, spazio, espansione. Qui, ora. E tutto il resto appare una danza, intricata e spettacolare, ma uno spettacolo, appunto, sullo sfondo di una quinta di cielo, nubi e stelle immensa. Qui, ora. In cui tutto riluce e nulla stride. In cui ogni cosa è come è, io sono come sono. Qui, ora. E tutto è Uno.

Interno giorno. Raggi timidi tra la coltre di nubi. E lo sguardo si posa con nuova grazia, i passi si muovono lievi, la mente si riaffaccia curiosa.

Namasté.





domenica 7 settembre 2014

#SummerInYoga 2014



E' tanto tempo che desidero scrivere. Scrivere delle emozioni e delle esperienze delle ultime settimane, dei tanti insegnamenti giunti a me nei modi più inattesi, del flusso della vita che mi sorprende ogni giorno con la sua sapienza e con la sua determinazione. Ma il momento non arrivava mai, e le sensazioni volatili così come i vissuti più profondi si sono susseguiti come gocce di rugiada che imperlano le foglie al sorgere del sole, scintillanti, gioiose, uniche.
Ci sono state pratiche intense, con le parole di Sri Pattabhi Jois, il padre dell'Ashtanga Yoga, che hanno accompagnato quelle ore di lavoro su me stessa. "Practice and all is coming". E ci sono stati i risultati, se così possiamo chiamarli, di quell'impegno e la dimostrazione di quelle parole, tangibile e concreta. Un salto quantico ulteriore in una pratica yoga che coltivo da così tanti anni, e che ogni giorno svela le sue infinite possibilità, le direzioni innumerevoli in cui la dedizione può dispiegarsi.
Ci sono state le letture, scelte con cura a spaziare in campi nuovi, perché è bene nutrirsi di ciò che non conosciamo e che ci attrae, o che si presenta a noi con tale forza e magnetismo che non possiamo esimerci dall'indagare. Letture che hanno svelato nuovi scenari, e anche loro, nuove infinite possibilità di declinare la pratica, di indirizzare lo sguardo, di respirare la vita. 
Ci sono state riscoperte di antichi modi di accostarsi allo yoga, un ritorno alle mie origini, e le pratiche nel totale silenzio dei monti, con solo il respiro del vento tra i meleti e la voce lontana del fiume.
Ci sono state ore di meditazione, momenti che si sono insinuati nelle sequenze più fisiche, portando all'immobilità, una richiesta di mente e corpo all'unisono. E così l'ascolto più profondo, going deep into the heart, going deep into the soul.


Ci sono state le ore del tramonto sugli scogli, surya namaskara a susseguirsi, con le ruvide rocce sotto le mani e i piedi, gli allineamenti in adho mukha svanasana ad adattarsi all'irregolarità della base, il fragore delle onde a dissolvere i pensieri, il vento a danzare con me tra un asana e l'altra. Con la Yoga che diventa free-style e il corpo che si muove dal centro, da dentro, sospinto dalla sua stessa intelligenza, dalla sua stessa forza che si esprime.
C'è stato il respiro, e il battito del cuore. Quel battito da ascoltare, quel battito che ci parla di noi più di ogni altra cosa, quel battito da rispettare e onorare. 
Ci sono state candele accese, e luce nel buio. La luce della luna, quella Super Moon che ci ha accompagnato nelle sere d'estate ricordandoci la magnificenza del cielo e dell'Universo.
Ci sono stati i miei mala, pietre dure scelte con cura, annodate tra loro con attenzione, creazioni del cuore e dell'anima.
Ci sono stati i pensieri sospesi, le preoccupazioni accantonate, il "qui e ora" prorompente a prendersi la scena, e a lasciare nell'ombra tutto il resto.
Ci sono stati la vita, e gli incontri, e le risate, e le chiacchierate spensierate. 
C'è stato l'incontro con chi ha fatto di un lavoro arte, arte del profondo, arte del riequilibro dell'energia col tocco delle mani e con la presenza in ogni gesto.
C'è stata la profonda riconoscenza per ogni attimo vissuto, ogni soffio di vento assaporato, ogni anima incontrata, ogni pratica esperita, ogni respiro, ogni battito del cuore.
C'è stato il desiderio di raccontare ogni istante e sfumatura, e l'impossibilità di farlo nel dettaglio, al momento, come avrei voluto.
Ma forse è stato meglio così. Che le sensazioni più delicate, le emozioni più vivide, i vissuti più intensi restino inespressi a parole, e solo l'atmosfera possa essere verbalizzata, richiamata col linguaggio, che mai mi avrebbe consentito di riprodurre e di comunicare la stessa intensità da me esperita in ogni istante sospeso nel tempo infinito.
Tra le righe l'atmosfera e il ricordo, la chiave di accesso a un mondo che palpita dentro di me, immagini e istanti indelebili di un'estate vera. My #SummerInYoga 2014.






mercoledì 20 agosto 2014

...parole...

Scrivere, come ogni cosa, origina da un luogo di verità. Richiede spazio e tempo, pretende autenticità, presenza, sentire profondo, coscienza che si esprime. Così i giorni passano, le esperienze come un coro di voci limpide si fondono in armonia profonda e complessa, una sinfonia che incanta e trasporta. E arriva il momento in cui ti accosti alla tastiera, e pur sapendo che non è ora che narrerai storie e dettagli, sai invece che è ora il momento in cui l'emozione, indefinita e intensa, seppur forse nebulosa, vuole esprimersi. E sei canale, tramite, come un prisma in cui i raggi di luce si raccolgono, si uniscono, si frangono, e luminosità di nuovo si espande, luce che ha attraversato la materia, inondato il cuore, vivificato lo sguardo, portato comprensione e arricchito la consapevolezza. 
Nel giorno in cui il pensiero e il cuore di tutti gli yogi si è unito a rendere omaggio al grande maestro B.K.S. Iyengar, la pratica ti ha donato quella luce da cui tutto diparte, in cui tutto si dissolve.
E le parole come perle su un filo di seta si inseguono, e tu le lasci fluire, scorrere, dissolversi... e non sai che valore avranno per chi le leggerà, ma sai che valore hanno per te, che le hai sentite arrivare, attraversarti, proseguire il loro viaggio...


sabato 12 luglio 2014

Guru Purnima

Il giorno, quello della luna piena di giugno/luglio, in cui nella tradizione induista, in quella buddista e anche in quella yogica, si rende grazie ai propri Maestri. 
Una tradizione ricca di storia e un'occasione per tutti, indipendentemente da qualsivoglia credo, di omaggiare e di esprimere gratitudine ai propri maestri, per la loro guida, la loro ispirazione, i loro insegnamenti. 

Il mio grazie oggi, qui: 

martedì 24 giugno 2014

Anche gli yogi si ammalano...

L'altro giorno un'amica mi ha chiesto: "Com'è che qualcuno che pratica tanto yoga e conduce una vita così sana, è spesso alle prese con "malattie" grandi o piccole? Non son tutte comunque un riflesso psicosomatico?"

Questo mi ha fatto riflettere. Mi ha fatto riflettere su quanto poco sappiamo uno dell'altro, e su quanto pudore e rispetto aleggi nei rapporti umani. Su come spesso le nostre battaglie si svolgano nel segreto di un luogo nascosto e remoto, inaccessibile agli sguardi esterni, protetto dal pudore, appunto, ma anche dal rispetto che nutriamo per le persone che ci stanno intorno.

Ognuno di noi (chi più chi meno) affronta grandi e piccole battaglie, ognuno di noi proviene da una storia le cui sfumature sono personali e uniche, ognuno di noi vive sulla sua pelle e in ogni sua cellula i propri piccoli o grandi conflitti, assorbe delusioni, maneggia rabbia o tristezza, e cerca di fare di tutto ciò, il meglio che gli riesce. Per star bene, per vivere meglio, per perseguire sogni e significati, per dare senso alla propria esistenza.

E più si scava nel profondo, più cose emergono in superficie, richiedono di essere viste, ascoltate, comprese, lasciate andare. Con tempi di volta in volta diversi, con coinvolgimento diverso, con implicazioni diverse. Un processo di cui fa parte anche il corpo, veicolo e involucro, parte integrante di un tutto, che a sua volta esprime, e spesso si fa carico di portare all'esterno, di imporre alla luce ciò che dal buio affiora. 

Così è possibile, eccome, che yogi e yogini che quotidianamente si immergono in sé stessi, che quotidianamente fanno della pratica un viaggio a sondare il noto e l'ignoto, e che sono persone con quel carico di storia, di aspirazioni e di sentimenti che ci accomuna tutti, possano ammalarsi, mostrare attraverso il corpo l'evoluzione di un percorso, tortuoso e misterioso, in cui è proprio la consapevolezza ciò che potrà avvalorare il sintomo, ascoltarlo, comprenderlo... e poi lasciarlo andare.

Namasté.


domenica 15 giugno 2014

Più forte di me

Lentamente.
L'avevo scritto su Facebook ieri, della necessità di essere gentile con me stessa e di concedermi del riposo. Nonostante l'essermi coricata alle due del mattino per non perdermi la partita dei Mondiali, sono stata brava, e sono stata molto gentile e comprensiva con me stessa, oggi, concedendomi di non-fare, di non-programmare, di non-pensare (quasi). Ho fatto molte cose, certo, ma nessuna con l'idea di svolgere ciò che il "senso del dovere e del compimento" mi prospetta solitamente come mie attività quotidiane cui dedicarmi. Non ho fatto nulla di consequente a una decisione senziente o a una pianificazione precedente. Ho fatto, ciò che veniva e come veniva. Lentamente, dimentica di orari e di consequenzialità.
E cosa ho fatto? Ho oziato un po', certo, ma ho anche praticato yoga, letto qualche articolo interessante, visto un paio di video altrettanto interessanti, e ora sto scrivendo. Come a dire, ciò che normalmente faccio quotidianamente: praticare, studiare, curiosare, scrivere. Solo, non me lo sono prefissata: è semplicemente avvenuto, come naturale estrinsecazione del mio essere.
E sono molto felice. Sono felice di sapere che, in un giorno dedicato a rigenerarmi in vista di un periodo intenso che si prospetta all'orizzonte, il mio essere più profondo abbia ricercato proprio ciò a cui dedico ormai da anni gran parte delle mie giornate: lo studio, lo yoga, la scrittura, la ricerca di ispirazione per il mio cammino spirituale e per la crescita della mia consapevolezza e delle mia possibilità di condividere. 
Lentamente lascio che anche questa presa di coscienza penetri come acqua nel terreno della mia anima, lo nutra e lo vivifichi, e lentamente mi rendo conto consapevolmente della bellezza di tutto quanto mi sta accadendo.
Sono una persona fortunata, molto, a potermi occupare quotidianamente delle mie passioni, ma non è una mera fortuna caduta dal cielo: è stato un percorso lungo, il mio, verso questa possibilità di essere autenticamente, il frutto di scelte non facili, l'esito di periodi meno felici, molto più ostici, di una deriva da cui a un certo punto non pensavo più di poter far ritorno. Non ho fatto ritorno, in effetti. O meglio, ho invertito la rotta, ho scorto all'orizzonte ciò che era prima, molto prima della deriva, ma poi ho proseguito oltre, col mio carico di esperienze a dare valore a ogni scelta, a ogni passo.
Anche oggi incontro ostacoli, anche oggi alcuni fantasmi del passato tornano col loro ghigno e con la loro gelida stretta e cercano di riportarmi nell'ombra della paura e della paralisi. Ma oggi, contrariamente a un tempo, sono più forte, le esperienze, anche quelle dolorose, attraversate e maturate, mi hanno resa più sicura e consapevole, e quei fantasmi riesco a guardarli con serenità e calma per poi volgere lo sguardo altrove e continuare il mio lavoro e il mio percorso lungo la strada che mi ha scelto. Perché in fondo non credo siamo noi a scegliere la nostra strada, o meglio, non siamo solo noi: non è una scelta a senso unico, siamo anche chiamati a muoverci in una determinata direzione, ciò che solitamente viene definito come qualcosa "di più forte di me" che ci prende e ci trasporta. Credo sia esperienza di tutti, quella di sentirsi a proprio agio nel muoversi in contesti di cui non si può dire siano stati oggetto di una nostra scelta cosciente, ma piuttosto opportunità che si sono palesate a noi e che abbiamo colto d'impulso, con gioia e con il desiderio di impegnarci a fondo.
Così, questa sera, riposata e rigenerata, mi concedo ancora quella lentezza e quell'ozio che così tanto mi hanno portato in dono oggi, e sorrido. Sorrido alle sfide del prossimo futuro, alle decisioni da prendere, alle scelte da compiere, alle battaglie in cui cercheranno di trascinarmi. Sorrido, perché la felicità che provo ora, e che provo da giorni, anche nel bel mezzo delle piccole tempeste che inevitabilmente accompagnano i cambiamenti e le piccole o grandi svolte della vita, è più forte di qualsiasi timore e di qualsiasi remora, più forte di passati ingombranti e di futuri incerti, più forte di tutto. Più forte di me.


sabato 31 maggio 2014

#LiVEthic

Quasi quotidianamente ormai sentiamo storie di persone che hanno un'idea, un progetto, una vision che, per quanto curati, ben studiati, utili e vincenti nella loro essenza e pianificazione, non possono essere realizzati per mancanza, principalmente, di opportunità economiche, si tratti di affittare degli spazi, di procurarsi materiali o macchinari, o semplicemente di poter dare un avvio alla propria attività. E, in molti casi, il progetto resta irrealizzato per mancanza di fiducia da parte di familiari o di potenziali partner che potrebbero agevolmente contribuire, ma che per un motivo o per l'altro non credono nella bontà dell'iniziativa o nell'importanza della stessa.
È triste. Triste che in un momento in cui il nostro mondo ha così bisogno di idee nuove e di nuove opportunità, ci siano ostacoli che, molte volte, sono dettati dall'egoismo di chi in realtà potrebbe mettere a disposizione risorse per consentire questo nuovo sviluppo (che non chiamo rilancio, perché così sarebbe un reiterare il vecchio, e non un progettare il nuovo), dalla paura di un futuro incerto (ma quando mai il futuro non è stato incerto, se proprio vogliamo metterla in questi termini...) e del desiderio di ricavare ricchezza. Già. Ricchezza. E invece lo sguardo dovrebbe essere puntato sul produrre valore. Valore vero, intrinseco, non solo moneta, ma valore.
Siamo persone, esseri umani, anime in viaggio in questa vita, e non è tanto della mera ricchezza che necessitiamo tutti quanti, ma del valore che quella ricchezza può produrre. Nulla di male nell'avere, nell'essersi guadagnati il benessere, nell'aver saputo gestire con intelligenza i propri investimenti, ovvio. Questo non è un discorso di coloritura politica, non vuole esserlo, perché quello è terreno che non amo precorrere. È piuttosto un discorso di buonsenso e di collaborazione tra persone in vista del bene comune che è, per utopistico che possa sembrare, la realizzazione più profonda di ciascuno di noi. 
Buonsenso, generosità, collaborazione, apertura, fiducia. Molte persone se ne nutrono quotidianamente e quotidianamente li rimettono in circolo, quel circolo virtuoso che potrebbe davvero fare la differenza. Ecco, e lì ora voglio spostare il discorso, su quel terreno sì. Perché è alle cose belle che bisogna rivolgere l'attenzione, non alle cose che non ci piacciono, che semmai, come nel caso di questa riflessione di oggi, costituiscono una mera premessa da cui muoversi. 
Non sono certo la prima a fare queste riflessioni, arrivo certamente dopo moltissime persone che prima di me si sono trovare a riflettere profondamente su tutto questo, e che hanno saputo anche tradurre le loro intuizioni in azioni pervasive e concrete. Ma come sempre si dice, ogni singola goccia contribuisce alla vastità e potenza dell'oceano, e io sono, come tutti noi, quella goccia. Una goccia che ha già fatto e già fa scelte in questo senso, si tratti dei prodotti che acquista, degli alimenti di cui si nutre, dei rivenditori, professionisti e ristoratori che sceglie, del superfluo che cerca di limitare, delle cose cui decide di occuparsi. Niente di che, piccole cose quotidiane, certo, ma che possono essere la base per andare oltre. E per pensare oltre. "Try to think out of the box". C'è sempre un modo. Un altro modo. Troviamolo quel modo, e sosteniamolo in ogni nostra scelta. Voglio che il mio sguardo sosti solo là dove sento battere un cuore, dove vedo passione, dove sento apertura, dove percepisco umanità, dove c'è valore e disponibilità a condividere quel valore. E sono moltissimi i luoghi su cui quello sguardo si può posare, lo so. Perché là fuori ci sono tantissime persone che ogni giorno si dedicano anima e cuore e corpo al valore. Loro sono i partner di elezione del mio personale viaggio. Loro sono le persone da sostenere. Loro il grande valore, già in opera e attivo, da cui partire.

#LiVEthic


martedì 27 maggio 2014

"Clap along if you know what happiness is to you..."

Sapete cosa mi rende incredibilmente, totalmente, ingordamente felice?
Le collaborazioni. Non il nepotismo, non le raccomandazioni, non i favoritismi, voglio sottolinearlo da subito, per fugare ogni dubbio. Ma le collaborazioni, quelle sì. Le collaborazioni genuine fanno scoppiare il mio cuore di gioia, mi fanno esplodere una felicità dentro che cancella la stanchezza, i dissapori, i piccoli e grandi contrattempi, e che letteralmente mi fa volare.
L'incontro tra persone che necessitano, per un motivo o per l'altro, di una competenza, e che trovano quella competenza in qualcuno che ha, a sua volta, l'occasione di mettere a disposizione le sue capacità e le sue energie, e di valorizzare così ciò che è, mi emoziona ogni volta. Ed essere veicolo di questi incontri mi colma di gioia, non per un tornaconto personale e nemmeno per i ringraziamenti che mi vengono rivolti, ma proprio per il fatto stesso, puro e semplice, di avere reso possibile una fusione genuina di scopi e di interessi, un incontro tra persone che possono trarre utilità e soddisfazione dalla collaborazione reciproca. E il pensiero che queste interconnessioni tra persone possano durare nel tempo e magari divenire rapporto vero e duraturo, è bello, tanto, e mi piace pensarlo. 
È il mondo come vorrei che fosse, un mondo dove si sta insieme con autenticità e consapevolezza, in cui gli scambi sono effettive occasioni di arricchimento reciproco, nel senso più elevato del termine, in cui una rete sempre più fitta e vasta di persone può interagire per la crescita e la realizzazione di tutti, un organismo vivente complesso e meraviglioso. 
Utopia, certo. O forse. Perché tante piccole magie quotidiane possono comunque fare una grande differenza, si sa. E allora facciamo magie, ancora e ancora, che per piccole che possano essere regalano sorrisi, cuori leggeri, gioia, speranza e per quanto mi riguarda tanta, ma davvero tanta felicità. 


giovedì 22 maggio 2014

Il battito dell'anima

E oggi voglio dirvi com'è. Com'è che in mezzo alle difficoltà, alla confusione, all'incertezza, ai dubbi, ai contrattempi si può essere felici. Com'è che nonostante il batticuore e i mal di testa, il fiato corto e la stanchezza, ci si può sentire leggeri. Leggeri dentro, colmi di quella luce che anche nel frastuono dei pensieri e degli eventi riesce a farsi strada, e col suo bagliore a darti il sorriso. Quel sorriso quieto e quegli occhi brillanti che sanno di gioia profonda, di un senso di compiutezza, di destino, di possibilità, di verità.
Ognuno lo sa, lo sente, cos'è che davvero gli apre il cuore, e gli dona la vita, lo stimolo, il drive, per  credere, per mettersi in gioco, per tentare - ancora e ancora -  e per riuscire - sempre e di nuovo. Un passo in più, anche solo un soffio in più, ma è vita che palpita a quel ritmo che è solo nostro, solo tuo. Il battito della tua Anima.
Il battito della mia è lo Yoga. Nel senso più ampio, nobile e puro del termine. È lo yoga nelle sue forme, fisiche e astratte, nel suo potenziale di benessere e di cura, nel suo essere un approccio alla vita, e un appiglio a cui ancorare, talvolta, quella vita.
Nella confusione totale, in un momento in cui il turbinio della mente non accennava a calmarsi - non nel profondo, almeno - mi capita tra le mani un libro, uno dei miei tanti libri, di yoga. Sbadatamente lo sfoglio, le immagini, le parole, la carta... la quiete profonda. Eccola, la mente che si calma. Perché vedendo lì, stampato "nero su bianco" (in realtà sono immagini e scritte variopinte, una danza di colori armoniosi) ciò che quotidianamente faccio, ciò che insaziabilmente studio e sperimento, ciò per cui oltrepasso ostacoli, interiori ed esteriori, ciò per cui sento di mettermi in gioco, con passione e dedizione,  nel vedere rispecchiato lì tutto questo, il respiro rallenta e la mente si rischiara, il cuore si colma di gioia, il sorriso riaffiora, e quelle difficoltà, quell'incertezza, quella confusione, quei contrattempi sfumano in uno sfondo indistinto. Perché "io sono qui, come posso perdermi?". Sono qui, io, ed è qui, dentro me, quell'essenza che è il battito della mia Anima.
Così, tu, ascolta il tuo di battito, qualunque esso sia. E a lui ritorna, sempre, nei momenti di confusione e di incertezza soprattutto, e a lui affidati con serenità e fiducia. Quel battito ti porterà a destinazione, qualunque essa sia. E prosegui il tuo viaggio con fiducia e serenità, passo dopo passo, attimo dopo attimo. E vivi nel presente, e nel presente resta connesso al tuo battito. Ti porterà ovunque tu voglia andare. Leggero. Tranquillo. Felice.


martedì 6 maggio 2014

...un titolo non c'è...

Allo sportello. L'impiegato scorge il mio testo di psicologia. E mi dice: "Lei ha davanti a sé un caso grave, ma per davvero."
Segue un racconto di una caduta in un baratro che non pare avere fondo, di un corpo che perde peso e massa, di un'ansia che attanaglia fino a soffocare, fino a non consentire a un uomo di bere un sorso d'acqua. L'angoscia, la morte lì a un passo. E poi... uno psichiatra, di quelli bravi davvero, col suo team di psicologi, di quelli preparati e dediti davvero, un ricovero - esperienza dura - per sottrarre un uomo a una famiglia che lo sta soffocando e tenerlo lì, in un luogo dove somministrargli le cure. E quattro mesi per un recupero, tosto e impegnativo, segnato da attimi di terrore vero... Ma lui è qui. Al lavoro. Mi racconta tutto questo col volto segnato, due occhi chiari intensi e sinceri, il sorriso di chi ha visto il peggio, ha toccato il fondo, e ora guarda alla vita con sguardo nuovo, e, come spesso si dice e lui stesso mi ha confermato, con un nuovo senso dell'importanza delle cose. Mentre parla e intanto ultima la mia pratica, sento addosso a noi gli sguardi infuocati e spazientiti delle (poche, per la verità) persone in coda, ma non mi importa, tantomeno a lui.
Poi mi guarda, di nuovo, attentamente, e mi dice: "Lei si sta preparando per un lavoro importante, molto. Difficile, molto. Lo faccia con coscienza, serietà e il massimo impegno possibile". 
Credo sarà una conversazione che non dimenticherò mai. 
Lo sguardo, l'intensità, la dolcezza con cui mi raccontava di come rinunciasse al suo diritto di scendere a prendere un caffè per non urtare la sensibilità dei suoi compagni di reparto che invece non potevano, del breve racconto dei suoi rapporti coi compagni di stanza, della disperazione, del buio, della rinascita... mi resteranno impressi per sempre. 
"Potrei non raccontare tutto ciò in giro, lo so, ma invece lo faccio. Perché è importante. Importante sapere che può succedere, ma che se ne può anche uscire. Non è facile, ma a me è successo. Sono qui. E sono rinato."


lunedì 5 maggio 2014

#My30Days

Questo post è stato concepito in uno di quei luoghi che sono casa, vita, purezza. In un luogo in cui ancora respira lo spirito di mio nonno, maestro di vita, di rispetto e di dignità. Lì, dove lui trovava quadrifogli e stelle alpine, camminava per chilometri nella natura, mi insegnava a leggere, a scrivere, e a vivere una vita che avesse un senso. E quel senso era fare qualcosa che piacesse davvero, non per edonismo, ma per rendere onore e omaggio al nostro creatore, quel Dio in cui mio nonno aveva fede incrollabile e che gli ha donato una vita sana e una morte consapevole e serena.
Questo post nasce in un momento di pace inattesa, durante una vacanza che non credevo possibile, quando nulla sembra andare come razionalmente pianificato e tutto, invece, pare allinearsi secondo un ordine superiore. E nasce dall'essere e dal contemplare senza sforzo, da un fluire in cui rompere gli schemi è spontaneo, dove improvvisare è amorevolmente condiviso.
Questo post trae ispirazione da tre donne, due libri e un'iniziativa, e fonde in un sentimento unico spunti diversi. C'è la passione scientifica e vitale che anima Alma Whittacker, protagonista dell'ultimo, splendido romanzo della mia adorata Elizabeth Gilbert, che mi fa perdere in un diciannovesimo secolo di botanica e di emozioni. C'è ancora lei, Liz Gilbert, che vende la sua strepitosa casa munita di "skybrary" e che posta su Facebook un video esilarante. C'è la scoperta, per me, della vita a impatto zero di Paola Maugeri, e del suo bellissimo libro di ricette "Las Vegans", da cui traspaiono la forza di volontà di una scelta e l'impegno a portarla avanti e a diffonderla, con decisione, sì, e con grinta, ma sempre nel rispetto di chi la pensa diversamente. C'è Lauren Rudick con le sue 365 handstands - una al giorno per un anno -, iniziativa che al momento mi ha fatto sorridere, e poi sorridere ancora, ma con spirito diverso.
E nell'aria aleggia quel qualcosa, e alla mia mente affiora una parola: "commitment". Sì, un libro della Gilbert si intitola "Committed", lo so. E non è certo un caso se tutto sembra convergere in una direzione, energia che vibra armonicamente, che comunica e stimola pensiero, visione, creazione.
In quale precisa direzione, in quale punto di convergenza e di caduta ancora non lo so. Ed è per questo, forse, che non sto ancora pubblicando questo post. Tuttavia il movimento in me, nella mia coscienza, è sensibile, a tratti lucido, profondamente intriso di entusiasmo, di gioia e di motivazione.
Essere "committed to a cause", impegnati totalmente in qualcosa in cui si crede, trovare stimolo nell'impegno, e profonda gioia nel compierlo. L'impegno che troppo spesso, purtroppo, viene inteso come impegno verso qualcosa di difficile per noi da compiere, di "nobile ma faticoso", di virtuoso e per ciò stesso deprivante. E invece no. No, perché questa storia che siamo stati messi al mondo per soffrire ci ha forse influenzati troppo, mentre è alla gioia dell'impegno che è importante dare spazio.
E mentre redigo, a spizzichi e bocconi questo post, che contrariamente al mio solito è un work-in-progress, sempre lei, Elizabeth Gilbert, posta il link al suo secondo TED Talk, e parla proprio di questo in fondo: della sensazione di confort, di sollievo, di protezione anche, del dedicarsi a ciò che amiamo fare, e che amiamo più di noi stessi. Quell'impegno, quella dedizione, appunto, a qualcosa che amiamo e che abbiamo più o meno scelto o che ci è stata donata dal destino, e nel cui compimento raggiungiamo il nostro fulfillment di esseri umani, il nostro supremo essere. Così, lei scrive e torna sempre e comunque a scrivere, incurante degli esiti e indipendentemente dal successo o dall'insuccesso, e, come lei, donne e uomini che si dedicano a qualcosa, grande o piccolo che possa apparire al mondo, ma enormemente rilevante per la loro esistenza, a cui tornano ancora ed ancora perché è lì che si sentono vivi.
Chi si batte per cause nobili e vistose, chi si sfida a fare una verticale al giorno per un anno... paiono universi distanti, cose di peso e di valore totalmente diversi... ma è apparenza influenzata dalle credenze sociali. La sostanza è altra, lo spirito e l'entusiasmo sono i medesimi, un moto spontaneo di un'anima verso il compimento del suo senso e del suo scopo, che possono modificarsi nel tempo (e tanti possono essere i sensi e gli scopi per ciascuno) come invece restare unici e monolitici. Infinite le declinazioni. Ma è l'essere "committed" ciò che fa la differenza, ciò che dona alle azioni quell'aura di completezza e di bellezza, quel senso di rilevanza e di significato.
Riscoprire la gioia dell'impegno, del lasciarsi trasportare da quel flusso, da quell'esperienza di flow di cui mirabilmente ed esaustivamente ha scritto Mihaly Csikszentmihalyi, cercando di sondarne gli aspetti più nascosti.
Chi pratica Yoga conosce quella sensazione, la vive durante la pratica con intensità e con totale presenza, ma tutti noi la conosciamo, perché ciascuno la prova nel compiere alcune attività più di altre, si tratti di leggere, scrivere, giocare a calcio, cucinare, guidare o quant'altro.
Ecco, io credo che se tutti noi ci concedessimo il tempo e il diritto di dedicare almeno qualche istante della nostra giornata alle attività che amiamo, o anche a una particolare attività che abbiamo trascurato e che vorremo riportare nella nostra quotidianità, o a una piccola o grande sfida con noi stessi che avremmo sempre voluto sostenere, la nostra vita sarebbe migliore, e con essa il nostro umore, il nostro entusiasmo, la nostra vibrazione energetica, e ne beneficeremmo noi in prima persona ma anche le persone accanto a noi e l'ambiente stesso in cui viviamo.
Un po' come l'esercizio delle gratitudine (quello di trovare almeno cinque cose nella nostra giornata di cui essere grati e prenderne nota), credo che l'esercizio di dedicare del tempo a qualcosa che scegliamo di fare per la mera gioia di farlo, possa essere un toccasana per la salute, l'umore, la qualità della vita.
Ecco, da tutte queste sensazioni e riflessioni nasce per me il #My30Days,  una scelta di impegno, di  commitment, la mia scelta di sperimentare in prima persona queste intuizioni, che forse ho esposto in modo confuso e sconclusionato proprio perché non ancora trasposte in azione, ma solo captate nell'aria in un periodo della mia vita che mi sta regalando ispirazione e intuizioni e la curiosità di metterle in opera, con entusiasmo, gioia, cuore e mente aperti e ricettivi.
30 giorni, perché sono curiosa di sperimentare, curiosa di provare dandomi un target di tempo ragionevole, non troppo lungo, ma nemmeno troppo breve (e chissà, poi magari diventeranno 60, 120, 240...). Committed to cosa?
Personalmente ho la fortuna di svolgere quotidianamente le attività che amo: praticare e insegnare Yoga, approfondire i miei studi, scrivere. Ma c'è una cosa che ho sempre amato fare, il cui valore affettivo e sociale mi è sempre stato a cuore, la cui importanza per il nostro benessere è da sempre al centro del mio approccio alla vita, ma che per tanto, troppo tempo ho trascurato, e non ho onorato come sarebbe bene e come vorrei: cucinare. Una grande passione, un grande amore, rimasto a prendere polvere nei meandri della mia anima, un po' sopraffatto dalla mia crescita di consapevolezza di questi ultimi anni, dalle evoluzioni e rivoluzioni che hanno connotato la mia vita. Ecco, è tempo ora di riportare anche questo al centro, mi manca e sento che molto avrà da donarmi e da insegnarmi.
E quindi, da oggi, #My30Days in cui sfidarmi a cucinare consapevolmente e con presenza (conscious cooking  si potrebbe chiamare) ogni giorno piatti diversi, scelti e preparati con cura, affetto ed entusiasmo.
Let's go! 30 days from today! Starting from... now!


P.s.: un post nato il 22 aprile e covato a lungo, con amore, pazienza e un'insolita lentezza...