sabato 9 maggio 2015

Non prima, non dopo, ma "nell'instante perfetto per sé".

Credete ai segni del destino?
Io sì.
Credo al linguaggio di impressioni, attimi, indizi, sentori.
Credo che il mio mala un mese fa sia finito in lavatrice non solo per disattenzione, ma per un motivo preciso. Credo che, dopo, abbia resistito il tempo necessario, per lasciarmi poi nel momento giusto.
Credo che l'attesa per trovarne un altro sia stata un necessario rito di passaggio e che le emozioni e gli scossoni dell'ultimo mese siano stati proprio questo, un rito di passaggio. L'ennesimo imprescindibile limbo prima di quel nuovo che intravvedo ormai a pochi passi da me.
Così come credo che non siano coincidenze che Ezio Bosso abbia pubblicato una notizia bella e notevole su Facebook nel preciso istante in cui stavo onorando la sua musica, rendendo omaggio a note, attimi e immagini indelebili che hanno cambiato la mia vita per sempre.
Così come non è un caso che proprio ora io abbia scoperto che l'albergo che ci ospiterà quest'estate ospiti abitualmente anche corsi d'arte, rivelando arcani collegamenti tra sfere e passioni della mia vita, percorsi che si intrecciano, luoghi che mi chiamano a sé.
Così come il non poter incontrare durante questo transito il mio Maestro non è stato uno sfortunato caso della legge del caos, ma una prova necessaria, un necessario imparare a stare con quello che si stava palesando, con quella silenziosa cupa tempesta che mi ha avvolto e trascinato nelle sue spire. E un invito a provare a uscirne con le mie sole forze.
Così come non sono accidentali sogni intensi di persone lontane, non sono casualità conversazioni impreviste, non sono incidenti di percorso randomici gli ostacoli e le insidie incontrate sul cammino.
Sono segni, messaggi sottili, cartelli immateriali che indicano strade e soluzioni, sale di attesa che appaiono prive di vie d'uscita, ma che al momento giusto magicamente si scoperchiano rivelando scenari inattesi. Non prima, non dopo, ma "nell'instante perfetto per sé".
Credo che il profumo di legno di sandalo di questo mio nuovo mala sia il profumo del sole che ritorna, di quella nuova onda che sta sorgendo dagli abissi, di un nuovo ciclo che sta per svolgersi e rivelarsi.
Credo che tutto quanto accaduto sinora sia stato necessario, imprescindibile, e credo che inchinarsi e rendere omaggio ai misteriosi percorsi della vita sia yoga allo stato puro.






venerdì 8 maggio 2015

It's none of my business.

Siamo sollecitati. In continuazione, da tutto, da tutti.
Stimoli, continui. Che generano bisogni, desideri, richieste. 
Il consumismo sfrenato di fine secolo si è tramutato in sfrenato bisogno di apparire. Non più il possesso compulsivo di cose con cui costruirsi un ego, ma il bisogno compulsivo di apparire e di avere visibilità (letterale e figurata) per sentirsi essere.
Il contagio è facile, a volte sottile, e ci si può trovare invischiati in questo meccanismo senza nemmeno accorgersene, perché è così ormai che si comunica con gli altri, che si pubblicizza un'attività, che si organizzano "eventi" (gran cosa quando gli eventi avevano quell'aura di eccezionalità che suscitava attesa trepidante...), che si resta in contatto, che si è presenti in un ambiente, che si scambiano idee e opinioni.
I "pro e contro" dei social, della "rete" e di tutto quanto caratterizza quest'epoca "mediatica" sono un tema all'ordine del giorno, tra chi demonizza e chi osanna e chi cerca con sottili equilibrismi di prendere il meglio e di non lasciarsi inghiottire dal peggio.
Impresa difficile. Soprattutto se hai un'attività di quelle che ormai vivono di selfie, di foto più o meno artistiche e di "virtuosistiche sinergie opportunistiche" alla ricerca di quel posto al sole tra le "celebrities" del settore. Foodies, fashionists, musicisti, yogis, stilisti, autori vari... tanti i settori in cui la rete è quello spazio di grandi opportunità in cui farsi conoscere e riconoscere. E tanti lasciandosi irretire dalle maglie fitte dei social alla fine si perdono. Alcuni felici di essere fenomeno mediatico, riscuotono quel tanto agognato successo e si crogiolano nelle immagini, nel buonismo ostentato e nell'adulazione. Altri adulano per sperare di conquistare il famoso "posto al sole" foss'anche solo nel mero ruolo di ancella, altri ancora seguono ogni passo beandosi di una vita che non è la loro... e, talvolta, ahimè, lacerandosi dentro.
E poi ci sono articoli interessanti, persone di valore e qualità che condividono idee e pensieri, artisti che "mettono in rete" immagini, video e scritti di grande ispirazione e bellezza, ci sono melodie, suoni, colori, e sinergie belle, pure, autentiche... C'è anche questo, e quando incontri la qualità e la bellezza percepisci la differenza, ti si allarga il cuore... e continui con i sottili equilibrismi perché di contenuti belli e veri c'è davvero un gran bisogno e chi si impegna a produrne e a diffonderli davvero merita attenzione e risonanza.

E queste righe cosa sono? E sì, perché anche qui (visto che non siamo in presenza di bellezza e di letteratura sopraffina) allora potrebbe celarsi uno strisciante desiderio di visibilità e di adulazione, e allora perché pubblicare? Me lo chiedo ogni volta che scrivo, il perché lo faccio, e se vale la pena cliccare quel "pubblica" in cima alla pagina.
Un "pubblica" che clicco solo quando quello che ho scritto ha un senso per me stessa, quando sento che ha espresso qualcosa che è fluito nella tastiera senza sforzo e senza "tesa intenzione" ma con spontaneità e con immediatezza. E lo faccio per me stessa, per tenere traccia visibile di quel flusso di parole che è emerso e si è espresso attraverso me, e anche per coloro i quali in passato hanno trovato qualcosa nelle parole di questi post, e magari troveranno qualcosa anche in questo. O forse no. Ma, come dice la mia guru (che tale non è, ma mi diverto a chiamarla così ;-) !), "this is none of my business".

"My business is to be true to myself".

In azioni e parole. 

Tutto questo c'entra con quanto sopra? Sì, sicuramente sì. Perché quel meccanismo vischioso e infido ha rischiato di inghiottire anche me (sebbene non perché "me la sia andata a cercare" bensì per richiesta di altri) e se non fosse per quella fermezza (rudezza?) che mi contraddistingue (ahimè, mi vien talvolta da dire) da sempre, forse ora mi starei perdendo nell'infido labirinto e nel gioco delle parti dei "like" e dei "contro-like".

Che, di nuovo "it's none of my business" e nemmeno voglio che lo sia.

My business is elsewhere.