martedì 24 giugno 2014

Anche gli yogi si ammalano...

L'altro giorno un'amica mi ha chiesto: "Com'è che qualcuno che pratica tanto yoga e conduce una vita così sana, è spesso alle prese con "malattie" grandi o piccole? Non son tutte comunque un riflesso psicosomatico?"

Questo mi ha fatto riflettere. Mi ha fatto riflettere su quanto poco sappiamo uno dell'altro, e su quanto pudore e rispetto aleggi nei rapporti umani. Su come spesso le nostre battaglie si svolgano nel segreto di un luogo nascosto e remoto, inaccessibile agli sguardi esterni, protetto dal pudore, appunto, ma anche dal rispetto che nutriamo per le persone che ci stanno intorno.

Ognuno di noi (chi più chi meno) affronta grandi e piccole battaglie, ognuno di noi proviene da una storia le cui sfumature sono personali e uniche, ognuno di noi vive sulla sua pelle e in ogni sua cellula i propri piccoli o grandi conflitti, assorbe delusioni, maneggia rabbia o tristezza, e cerca di fare di tutto ciò, il meglio che gli riesce. Per star bene, per vivere meglio, per perseguire sogni e significati, per dare senso alla propria esistenza.

E più si scava nel profondo, più cose emergono in superficie, richiedono di essere viste, ascoltate, comprese, lasciate andare. Con tempi di volta in volta diversi, con coinvolgimento diverso, con implicazioni diverse. Un processo di cui fa parte anche il corpo, veicolo e involucro, parte integrante di un tutto, che a sua volta esprime, e spesso si fa carico di portare all'esterno, di imporre alla luce ciò che dal buio affiora. 

Così è possibile, eccome, che yogi e yogini che quotidianamente si immergono in sé stessi, che quotidianamente fanno della pratica un viaggio a sondare il noto e l'ignoto, e che sono persone con quel carico di storia, di aspirazioni e di sentimenti che ci accomuna tutti, possano ammalarsi, mostrare attraverso il corpo l'evoluzione di un percorso, tortuoso e misterioso, in cui è proprio la consapevolezza ciò che potrà avvalorare il sintomo, ascoltarlo, comprenderlo... e poi lasciarlo andare.

Namasté.


domenica 15 giugno 2014

Più forte di me

Lentamente.
L'avevo scritto su Facebook ieri, della necessità di essere gentile con me stessa e di concedermi del riposo. Nonostante l'essermi coricata alle due del mattino per non perdermi la partita dei Mondiali, sono stata brava, e sono stata molto gentile e comprensiva con me stessa, oggi, concedendomi di non-fare, di non-programmare, di non-pensare (quasi). Ho fatto molte cose, certo, ma nessuna con l'idea di svolgere ciò che il "senso del dovere e del compimento" mi prospetta solitamente come mie attività quotidiane cui dedicarmi. Non ho fatto nulla di consequente a una decisione senziente o a una pianificazione precedente. Ho fatto, ciò che veniva e come veniva. Lentamente, dimentica di orari e di consequenzialità.
E cosa ho fatto? Ho oziato un po', certo, ma ho anche praticato yoga, letto qualche articolo interessante, visto un paio di video altrettanto interessanti, e ora sto scrivendo. Come a dire, ciò che normalmente faccio quotidianamente: praticare, studiare, curiosare, scrivere. Solo, non me lo sono prefissata: è semplicemente avvenuto, come naturale estrinsecazione del mio essere.
E sono molto felice. Sono felice di sapere che, in un giorno dedicato a rigenerarmi in vista di un periodo intenso che si prospetta all'orizzonte, il mio essere più profondo abbia ricercato proprio ciò a cui dedico ormai da anni gran parte delle mie giornate: lo studio, lo yoga, la scrittura, la ricerca di ispirazione per il mio cammino spirituale e per la crescita della mia consapevolezza e delle mia possibilità di condividere. 
Lentamente lascio che anche questa presa di coscienza penetri come acqua nel terreno della mia anima, lo nutra e lo vivifichi, e lentamente mi rendo conto consapevolmente della bellezza di tutto quanto mi sta accadendo.
Sono una persona fortunata, molto, a potermi occupare quotidianamente delle mie passioni, ma non è una mera fortuna caduta dal cielo: è stato un percorso lungo, il mio, verso questa possibilità di essere autenticamente, il frutto di scelte non facili, l'esito di periodi meno felici, molto più ostici, di una deriva da cui a un certo punto non pensavo più di poter far ritorno. Non ho fatto ritorno, in effetti. O meglio, ho invertito la rotta, ho scorto all'orizzonte ciò che era prima, molto prima della deriva, ma poi ho proseguito oltre, col mio carico di esperienze a dare valore a ogni scelta, a ogni passo.
Anche oggi incontro ostacoli, anche oggi alcuni fantasmi del passato tornano col loro ghigno e con la loro gelida stretta e cercano di riportarmi nell'ombra della paura e della paralisi. Ma oggi, contrariamente a un tempo, sono più forte, le esperienze, anche quelle dolorose, attraversate e maturate, mi hanno resa più sicura e consapevole, e quei fantasmi riesco a guardarli con serenità e calma per poi volgere lo sguardo altrove e continuare il mio lavoro e il mio percorso lungo la strada che mi ha scelto. Perché in fondo non credo siamo noi a scegliere la nostra strada, o meglio, non siamo solo noi: non è una scelta a senso unico, siamo anche chiamati a muoverci in una determinata direzione, ciò che solitamente viene definito come qualcosa "di più forte di me" che ci prende e ci trasporta. Credo sia esperienza di tutti, quella di sentirsi a proprio agio nel muoversi in contesti di cui non si può dire siano stati oggetto di una nostra scelta cosciente, ma piuttosto opportunità che si sono palesate a noi e che abbiamo colto d'impulso, con gioia e con il desiderio di impegnarci a fondo.
Così, questa sera, riposata e rigenerata, mi concedo ancora quella lentezza e quell'ozio che così tanto mi hanno portato in dono oggi, e sorrido. Sorrido alle sfide del prossimo futuro, alle decisioni da prendere, alle scelte da compiere, alle battaglie in cui cercheranno di trascinarmi. Sorrido, perché la felicità che provo ora, e che provo da giorni, anche nel bel mezzo delle piccole tempeste che inevitabilmente accompagnano i cambiamenti e le piccole o grandi svolte della vita, è più forte di qualsiasi timore e di qualsiasi remora, più forte di passati ingombranti e di futuri incerti, più forte di tutto. Più forte di me.