lunedì 31 dicembre 2012

New Year's Eve

Guardarsi indietro, con sguardo lieve. E vedere vita. Vedere intensità, vedere coraggio, vedere gioia, vedere crescita. 
Guardarsi indietro e sentirsi fieri. Sapere di aver dato tanto, di essersi messi in discussione, di avere fortemente creduto, dolcemente voluto, di essersi affidati, lasciati andare con coscienza alla corrente, di aver messo tutti se stessi in ogni cosa, di aver avuto coraggio, fortuna, intensità, affetto, aiuto, comprensione, qualche demone, alcune sfide, tanta gioia, poche lacrime intense, tanto entusiasmo, molta fiducia.
Guardarsi indietro e provare gratitudine per le esperienze, le persone, gli incontri, i viaggi, i doni, le opportunità, le scelte.
Guardarsi indietro ed essere grati, felici, entusiasti, convinti, sereni.
E ora guardare avanti... e lasciare che avvenga...

domenica 30 dicembre 2012

Ispirazioni: "August Rush - La musica nel cuore"

"Solo alcuni di noi lo sentono?"
"Solo alcuni di noi ascoltano."
In questo botta e risposta tra Evan/August e Il Mago tutta l'essenza della vita. 
Già, perché ciò che davvero fa la differenza è ascoltare. Se ascolti puoi percepire, comprendere, vivere con un'intensità e una profondità nuove, diverse. Ciò che può apparire miracoloso, anomalo se si ascolta davvero si rivela naturale, spontaneo, ubiquitario, accessibile. Imparare ad ascoltare e a coltivare la qualità dell'ascolto ci consente di accedere a un mondo nuovo, diverso, per restando qui, nel mondo a noi conosciuto.
Coltivare l'ascolto, attraverso lo yoga ad esempio. Lo yoga che ci esorta ad ascoltare corpo e mente, sensazioni fisiche, emotive, sottili. 
E perseguire l'ispirazione. Ispirarsi, in ogni modo a noi più consono, per andare oltre, squarciare non solo il velo di Maya, dell'inconsapevolezza, ma anche dell'abitudine, del nostro guardare attraverso aspettative, preconcetti, presupposti, credenze. L'arte in questo, insieme alle pratiche spirituali, allo yoga, alle arti marziali e alla contemplazione della Natura, è via maestra, percorso privilegiato. Le emozioni evocate da un dipinto, la magnificenza comunicata da architettura e scultura, la trascendenza insita nella musica... Ogni forma d'arte ci può aprire gli occhi, può introdurci in quella sfera del possibile, che poi è culla del nuovo, dello sviluppo, della crescita. Ma in realtà, tutto è già qui, siamo noi a non vederlo. Come dice ancora Evan/Agust "La musica è intorno a noi. Non bisogna fare altro che ascoltare." E una volta che si è ascoltato, accedere a quella dimensione è più agevole, e sempre più alla nostra portata. Basta ascoltare, basta davvero ascoltare, liberi da ogni preconcetto di come dovrebbe o potrebbe essere, perché ciò che è davvero è meraviglia, così grande da superare ogni nostra attesa, ogni nostra idea.
Non bisogna far altro che ascoltare.

venerdì 28 dicembre 2012

Affidarsi e fluire

Serendipity... È un momento così, magico, incredibile. Mi accadono cose, di continuo, cose belle, insolite, significative. È tutto un muoversi e un connettersi. C'è chi lo chiama caso, chi coincidenze. Io lo chiamo serendipity. E mi godo questo viavai, questo incrocio continuo di persone, avvenimenti, messaggi, vite. Vite che si incontrano, si fondono, si plasmano, si sfiorano, si scambiano occhiate furtive o sprofondano in sguardi intensi, duraturi, ravvicinati. Vite che danzano, energia che si muove, persone che si incontrano, si avvicinano, si ritrovano. Magari si lasceranno di nuovo, per tornare. Oppure no. Perché poi tutto scorre, ma nel contempo tutto resta. E farsi cullare da tutto questo è beatitudine, serenità, fiducia. Io mi fido, ora, di questo movimento. Un movimento lieve, ma intenso. Mi lascio cullare, mi lascio vivere, lascio che avvenga, mi lascio andare. Mi affido.

martedì 25 dicembre 2012

Trasformarsi, nell'emozione

Torino. 21 dicembre 2012. Una data simbolo - anche per chi non ha creduto per un istante alle profezie Maya - perché caricata di aspettative, nominata milioni di volte, da anni lì, oggetto di un countdown tra il sacro e il profano, comunque lì, come simbolo di un'epoca difficile, da cui in fondo si ha voglia di uscire. Perché la prospettiva di una nuova era in questo momento è una prospettiva positiva, buona, auspicata.
E a Torino, quel giorno, si sono verificate belle cose. Molte belle cose. C'è stata la conferenza di Vittorio Gallese e Ludovica Lumer, c'è stato il Sentiero Umano di Solidarietà Ambientale e Artistica, c'è stato l'emozionante concerto di Ezio Bosso. Partecipare a questi eventi è stata davvero un'esperienza unica, indescrivibile, emozionante, significativa. Percorsi di crescita che si snodano, davanti a noi, infinite possibilità, che noi, esseri umani, dotati di coscienza e di consapevolezza possiamo cogliere, e, forse, dobbiamo cogliere. Stare lì e ascoltare parole colte e importanti, mani strette tra gioia e sorrisi, musica che scende nel profondo...e da quel momento non essere più gli stessi. Ecco, vivere, vivere acquista quel significato che si vorrebbe sentire così distintamente, così forte, ogni giorno, ogni istante. La mente corre spesso alle memorie di quel giorno, cerca le immagini, ritrova le emozioni, quell'aspetto viscerale che rende le esperienze realmente e profondamente trasformative. Vivere quella trasformazione è ciò che ora occupa cuore e mente, progetti che si affacciano alla consapevolezza, voglia di fare, di costruire, di cambiare. Ed è bello questo, è bello questo desiderio profondo di far parte del cambiamento, di agire, anche nel proprio piccolo, di mantenere viva e di alimentare quella scintilla di vita, quella meravigliosa scintilla che nel buio ha fatto intravedere qualcosa di grande, di magnifico e importante. Volerci essere col cuore, con tutto il Sè, essere presenti, vivi, propositivi, partecipi, autentici. Così, sì, il 21 dicembre 2012 è stata una data di svolta, e ha dato un nuovo slancio a progetti, idee e pensieri. E averlo celebrato, avere avuto l'occasione grazie alla visione di Michelangelo Pistoletto e di tutti coloro i quali hanno accolto il suo invito ad agire, a esserci, a partecipare, è stata un'esperienza cardine, un momento distinto, tangibile, nel flusso della vita, che ne ha cambiato il corso. Grazie. Perché di fronte a tutto questo c'è un sentimento di gratitudine sincero e profondo.

domenica 23 dicembre 2012

Rebirth-day


Qualche giorno fa, a Torino, nella "fatidica" data del 21.12.2012, si è celebrato il "Rebirth-day", nell’ambito di un progetto di portata planetaria ideato e promosso da Michelangelo Pistoletto, artista contemporaneo tra i più influenti, a cui hanno partecipato numerose località di tutto il mondo (per maggiori informazioni sul progetto http://www.rebirth-day.org/). 
Ho avuto anch’io l'occasione di prendere parte ad alcune delle iniziative promosse dalla Città di Torino, insieme a una mia docente universitaria (filosofa, neuroscienziata e gallerista di grandissimo spessore umano e intellettuale), a una mia amica carissima e soprattutto alla presenza di Vittorio Gallese, neuroscienziato di fama mondiale, scopritore insieme a Rizzolatti, dei neuroni specchio. Ascoltare dalla viva voce di persone di questa competenza e umanità, nella cornice incantevole di Palazzo Madama, quale possa essere il percorso di consapevolezza dell'uomo, apprendere come la neuroplasticità del cervello ci consenta di crescere e di evolvere ogni giorno, riconoscere come la nostra stessa identità non sia fissa, rigida, bensì fluida, è stato davvero interessante e illuminante. E così realizzare pienamente come noi, con la nostra capacità di metterci in relazione con gli altri, con l'ambiente e con noi stessi, possiamo davvero cambiare questo mondo, e come l'arte, la cultura e la consapevolezza possano e debbano essere il motore della rinascita dell'umanità. 
Poco dopo in Piazza Castello abbiamo partecipato tutti insieme al Sentiero Umano di Solidarietà Ambientale e Artistica, una catena umana che alle ore 12.21 ha collegato per tre minuti le città di Torino e di Susa, città di origine della famiglia di Pistoletto, per un percorso lungo più di 50km. Il superamento dello spazio-tempo in un gesto simbolico, che ha coinvolto scuole materne, Università, Forze dell’Ordine, cittadini comuni… tutti uniti nella mani e nel pensiero... mentre da qualche parte lungo la catena vibrava anche l'Om.... 
E poi... in una sala meravigliosa di Palazzo Reale, illuminata dal sole di mezzogiorno, Ezio Bosso, musicista e compositore incredibile, tornato a suonare dopo una lunga malattia, ha eseguito musiche di rara bellezza, intense, coinvolgenti, che ci hanno suscitato applausi infiniti. Vederlo suonare e trasformarsi divenendo tutt'uno con il suo pianoforte, con la sua musica, con i suoi musicisti che lo accompagnavano, vederlo e sentirlo divenire musica, insieme a noi, in una sala in cui l'energia cresceva col crescere del nostro coinvolgimento, del nostro essere tutti lì, "in ogni attimo di tempo", insieme, uniti in un'unica vibrazione, è stata un'esperienza emozionante, unica, indescrivibile. 
È stato un giorno meraviglioso, arricchente, durante il quale vicinanza e comunione di intenti, affetto sincero e stima profonda, sorrisi e fiducia nel futuro dell'umanità, hanno permeato l'atmosfera. E, in quell'atmosfera, scienza e arte, salute e malattia, istituzioni e cittadini, giovani e anziani, bambini (ce n'erano moltissimi) e scienziati di fama mondiale, hanno celebrato la vita, la bellezza della vita, le infinite possibilità della vita. 

venerdì 14 dicembre 2012

Snow

E poi accade. Accade che nevica e tu esci e cammini nel parco, con la neve che crocchia sotto ai piedi, e l'atmosfera ovattata, i suoni attutiti di quando la neve delicatamente scende dal cielo e tutto ricopre. E cammini nel silenzio con il cuore gonfio di gioia e di riconoscenza, perché non è poi tanto scontato che nevichi, non a questa latitudine, non dopo un autunno così mite. E sei grata a questa neve abbondante, che è pura magia, che si materializza nell'aria e ricopre col suo candido manto ogni cosa. Sei grata per questo dono enorme della Natura, che ci ricorda la sua magnificenza, la sua abbondanza, la sua meraviglia. E con meraviglia, infatti, guardi i tronchi scuri degli alberi stagliarsi sullo sfondo immacolato, i rami carichi di morbida neve, un cespuglio di bacche rosse inatteso e perfetto. E accade che continui a camminare, e assapori ogni istante, e ti senti grata e infinitamente connessa con tutto. In questo istante tutto è qui, le vette dell'Himalaya, Central Park, la Cina sconfinata, il monte Fuji in tutto il suo splendore. E ti senti davvero vicina a tutto, cittadina di un mondo vasto e meraviglioso. E mentre nevica osservi i fiocchi di neve, così leggiadri, così diversi tra loro. E ascolti il loro insegnamento. Ogni fiocco è unico e irripetibile, eppure sono tutti partecipi della medesima natura. Ognuno preso singolarmente, si scioglie in pochi istanti; abbracciati e intrecciati assieme, invece, ricoprono il mondo di purezza e di candore.

lunedì 10 dicembre 2012

After dark


La lettura, come ogni cosa, è un'esperienza personale, e come tale non può essere generalizzata: ciò che un testo comunica a ciascuno di noi dipende anche dalla nostra individualità, dalla nostra formazione, dal nostro essere e dal nostro sentire nel momento in cui leggiamo.
Murakami Haruki, autore giapponese tra i più apprezzati, ha il dono di confrontare il lettore con storie che si dipanano in tante dimensioni, con chiavi di lettura multiple, con testi visionari, per lo più oscuri al pensiero razionale, ma evidenti a un livello più profondo. È un autore che sa comunicare a un livello diverso, nel contempo universale e intimistico, e in cui personalmente ritrovo fortemente tutta l'anima giapponese. Murakami mi comunica il Giappone come l'ho vissuto, immaginato e percepito da sempre, e come l'ho sperimentato, seppure brevemente, anni fa, in un viaggio indimenticabile. Mi comunica anche la complessità dell'animo dell'uomo e della donna contemporanei, immersi in un mondo globale, interconnesso, ma anche parcellizzato, raccolto in se stesso, intimamente percepito e individualmente costruito. 
"After dark" è un romanzo in cui ho ritrovato condensati tutti questi aspetti, e che mi ha confrontata anche con il concetto di tempo in modo immediato, nuovo. Il tempo non nella sua accezione macroscopica del trascorrere dei giorni, dei mesi, degli anni, ma nella sua dimensione minore, dello scorrere delle ore, dei minuti. E in particolare il tempo così come percepito nella diversità della sua qualità notturna o diurna. Il tempo che di notte si dilata, che sembra poter contenere molto di più, che sembra espandersi per lasciare spazio a altro, a dimensioni nuove e diverse dell'essere. Quel tempo in cui tutto accade, ovattato, in una sorta di rallenty, ma in cui tutto procede, comunque. Quella qualità di spazio all'interno del tempo, che di giorno sembra mancare, come se la luce del giorno restringesse gli spazi vuoti, contraesse e concentrasse il tempo in "minor tempo". Così di notte, col buio, il tempo, liberato dalla morsa degli impulsi più frequenti e intensi dello stato di veglia collettiva, si espande e diventa maggiormente comprensivo, più fluido, più duttile e accogliente. Che è ciò che accade anche quando si pratica o si medita: il tempo si espande, "l'attimo si sospende". E il tempo, dilatato, consente maggiori possibilità, concede spazi, regala pause, dona l'esperienza del molteplice e dell'assoluto. 

sabato 24 novembre 2012

Corpo e cuore

Doveva essere il tuo periodico week-end intensivo di yoga. Quello in cui incontri il tuo Maestro, i compagni di percorso, in cui ti rigeneri, e pratichi e mediti e vivi di yoga e nello yoga, totalmente. Quello lontano da tutto e vicino a tutto il resto. Ma è stato, prima ancora, il week-end degli amici e degli affetti. Con la casa che si è riempita di persone care, di risa, di buon vino, di ottimo cibo, di vita,  di gioia. Con una settimana di preparativi per rendere la serata indimenticabile, per mercati e poi in cucina, tra i libri di sempre e nuove ispirazioni, a preparare, con amore e dedizione, il pasto della festa. Cupcake, insalate, verdure colorate dell'arancio di stagione, un gelato alla fragola tanto fuori stagione quanto dolce e coccoloso, e i funghi e i formaggi... E nell'aria l'inconfondibile energia che solo le feste tra amici sprigionano, quando tutto è un rimescolarsi di voci, anedotti, ironia affettuosa e complici sguardi di intesa.
Quell'energia che ti accompagna fino a tarda ora, e poi si riordina la cucina, ci si corica, ma è ancora tutto lì, così vivo e vicino che puoi quasi toccarlo.
E l'indomani il corpo non vuole. Non vuole alzarsi e lasciare quella casa così animata, così viva, così energizzata, come non era forse da un po'. Quel corpo vuole restare lì a bearsi degli attimi trascorsi da poco, pigramente godersi le stanze e la vita insieme, in un mattino di novembre così soleggiato dietro le imposte e ancora tiepido. E il cuore, soprattutto lui non vuole. Vorrebbe correre dal Maestro, per apririsi alla pratica e alla saggezza dei gesti e delle parole, ma è già aperto, ricolmo di energia frizzante, nuova, benefica, amorevole. È in parte come la famosa tazza di the già piena che non può contenere null'altro. È un cuore colmo, appena riempito di vita e di gioia. È necessario del tempo perchè tutto questo filtri completamente all'interno, venga assorbito, rimanga sì nel cuore, ma in un cuore in cui c'è nuovo spazio. E quei battiti accelerati, che inizialmente spavantano, sono la sua voce come a dire: "Sono ricolmo. Beatamente ricolmo. Lasciami vivere la pienezza. Non correre a prendere quel treno, non portarmi ad assimilarne altra. Sono colmo e felice. Ora non c'è spazio per altro."
Ogni cosa a suo tempo. Il corpo e il cuore lo sanno. Basta ascoltarli.
Dal tuo Maestro andrai la prossima volta, questa volta il tuo Maestro è stato il tuo cuore.

mercoledì 14 novembre 2012

Affidarsi alla gentilezza

Essere gentili. Il suono stesso della parola "gentile" evoca morbidezza, delicatezza, fluidità. 
La gentilezza come qualità dell'agire e del pensare, intrinseca allo yama della "non violenza" (ahimsa). Come trasmessoci da Patanjali negli Yoga Sutra, yama è l'attitudine verso gli altri, verso le persone e gli esseri viventi in genere. Ma "gli altri siamo noi" e quella stessa qualità è bene rivolgerla anche verso noi stessi. Troppo spesso ci si preoccupa, o talvolta ci si sforza, di essere gentili verso gli altri e ci si dimentica di esserlo verso se stessi. 
Eppure è dalla capacità di rispettare e di accudire in primo luogo se stessi che scaturisce la profonda capacità di rivolgere agli altri azioni e pensieri realmente gentili. "Ama il prossimo tuo come te stesso". Parole profonde, universalmente note e ripetute tante volte, ma di cui a volte si tende a sottolineare l'aspetto altruistico e a ignorare o a sottovalutare quello apparentemente egoistico. Si da forse per scontato che l'amore verso se stessi sia sempre più grande. Forse lo è, o spesso lo è. Ma nel contempo, forse, la qualità di quell'amore verso se stessi non è così totale, così morbida e accogliente come potrebbe essere. Quante volte ci critichiamo, quante volte non ci prendiamo cura del nostro corpo, quante volte ne ignoriamo i segnali, quange volte ci autoinfliggiamo sofferenza rimuginando su preoccupazioni e delusioni, quante volte non rispettiamo i nostri tempi, le nostre esigenze, la nostra natura? 
E qui si rivela l'importanza dell'ascolto. Ascoltare l'altro, le sue esigenze, per poter essere realmente gentili verso di lui. Ascoltare se stessi, per poter essere realmente gentili verso il sè. Senza l'ascolto non ci sono lo spazio e l'attenzione per cogliere davvero quello che c'è e quello che serve. L'ascolto, l'osservazione amorevole e non giudicante sono alla base della possibilità di essere realmente gentili. Noi stessi siamo sempre presenti nelle nostre vite. Noi siamo sempre con noi. E quindi verso di noi abbiamo la possiiblita di praticare costantemente, sempre e in ogni luogo, la gentilezza. Perché anche la gentilezza abbisogna della pratica per crescere, estrinsecarsi, evolversi nella pienezza delle sue possibilità. 
La pratica dello hatha yoga, delle asana, anche in questo è preziosa: sul tappetino abbiamo occasione di essere gentili verso noi stessi. Le difficoltà con cui l'esecuzione di un'asana può confrontarci, le resistenze o le aspettative che l'accompagnano, i fastidi fisici o il desiderio di forzare che a volte avvertiamo, sono tutte occasioni che lo yoga ci offre per praticare la gentilezza verso noi stessi. Ascoltare noi stessi. Non giudicare noi stessi. Rispettare noi stessi. In una parola: Amarci.


P.s.: ...e navigando oggi (perché ieri non se ne è avuto modo) apprendere che ieri era la giornata mondiale della gentilezza... e scoprire ancora una volta come tutto è Uno, come siamo tutti profondamente interconnessi... che l'ispirazione a scrivere oggi di gentilezza era "in the air"... Grazie della meraviglia di tutto questo.

martedì 13 novembre 2012

Could art change the world? Part two...

Un'interessante iniziativa planetaria....

http://www.rebirth-day.org/index.php

Tutto ciò che unisce nell'amore e nel rispetto è benvenuto.


giovedì 8 novembre 2012

Un passo indietro


Confusione, chiasso, rumore, parole, opinioni, discussioni.
Può arrivare un momento in cui si prova fatica. In cui condensare tutto questo, estrarne il meglio, lasciarne il peggio sembra troppo. Si è sempre fatto, ma poi ci sono momenti in cui si sente la fatica. Di star dietro a stereotipi, prese di posizione, sussurrate o gridate, e di discutere o di accondiscendere. Optare per il silenzio è una scelta, anch'essa faticosa, spesso difficile da perseguire fino in fondo. Il silenzio, gran cosa. Non è paura del confronto, del sostenere un'opinione, può sembrarlo, ma non lo è.
Il silenzio crea spazio. Spazio per ascoltare innanzitutto. E per far sedimentare, lentamente. Per osservare, anche. Per prendersi tempo. O per prendere le distanze. Per leggersi dentro, per comprendere il proprio sentire. Per non reagire, ma per, eventualmente, poi rispondere. 
Il silenzio come dono e come opportunità. Un dono che facciamo a noi stessi e all'altro, consentendoci di avere entrambi spazio, per esprimere e per comprendere. Un'opportunità che ci permette di capire se vogliamo davvero dire qualcosa, o se preferiamo stare lì, un passo indietro, a osservare, percepire, ascoltare. 

lunedì 5 novembre 2012

Writing on the mat

A volte pratica può essere anche questo: sedersi in posizione comoda, iniziare la pratica con la consueta attenzione al respiro, alla percezione del proprio corpo sul tappetino e nello spazio, eseguire i movimenti di riscaldamento della colonna e poi... Spontaneo, improvviso, il desiderio di stirarsi dolcemente, e dolcemente scivolare a terra in una savasana inattesa, gli occhi chiusi, che però dopo poco si aprono spontaneamente, improvvisamente... e trovarsi così inondati da un cielo azzurro illuminato da un sole così morbidamente dorato, come le foglie degli alberi mosse dal vento. E anche questa è pratica: incantarsi davanti alla natura che ci viene a trovare così all'improvviso, che ci illumina e ci abbraccia, che ci fa sentire tutto con l'Uno. E in quei momenti sembra che ogni asana sia già stata eseguita e che ogni asana sia lì in quel momento, come se si fluisse tra una posa e l'altra... E sentire il corpo muoversi mentre si è seduti a guardare, respirare, percepire, vivere quell'incanto. E trovarsi così a scrivere di tutto questo, restando completamente immersi nella meraviglia.

venerdì 26 ottobre 2012

"Est modus in rebus"

O del come ci approcciamo alle cose.
Dalla gestualità, al tono di voce, alle parole, ai pensieri, allo sguardo.
Ogni volta che entriamo in contatto con qualcosa, il come fa la differenza. L'attitudine che guida e accompagna il nostro accostarci alle persone, agli eventi, alle situazioni, alla natura, alle attività, all'incontro. Il come e le sue sfumature, il suo modo unico di declinarsi in ognuno di noi. Quel come così tanto influenzato dall'umore, dalle aspettative, dalle idee, dai pregiudizi, dalle convenzioni sociali, dall'ambiente e dalla situazione stessa. Quel come di cui a volte andiamo fieri e di cui a volte ci vergogniamo. Quel come che può ferire o vivificare, banalizzare o stupire.
Lo Yoga ci guida anche in questo. Il modo in cui ci invita ad accostarci alla pratica, al movimento del nostro corpo, è emblematico. Lo sguardo non giudicante su noi stessi, l'accettazione del nostro corpo e della sua mobilità di oggi, del "qui e ora", la tolleranza verso la nostra mente quando proprio non riesce ad acquietarsi, la serenità di fronte a quell'asana che non ci viene, al colpo di tosse che sembra infrangere la quiete di savasana, alla competitività che qualche volta ci porta a forzare i nostri limiti. E quello stesso sguardo rivolto a chi pratica accanto a noi, quella stessa morbidezza e flessibilità, accettazione e comprensione.
L'invito che lo Yoga ci rivolge di accetare, amare, comprendere, ascoltare, guardare, di sospendere il giudizio e accostarci con meraviglia e attenzione alle asana, alla pratica, al nostro corpo, alla nostra mente, al fluire del respiro e dell'energia, quell'invito è un invito a vivere così la nosta vita, ad accostarci a essa e alle persone e alle situazioni che la popolano con quest'attitudine. Che poi diventa abitudine, abitudine al rispetto, alla meraviglia, alla serenità. 

mercoledì 24 ottobre 2012

Blessed by the sun

Svoltare con l'auto nella sempresolita rotonda e vederlo lì, proprio sopra il tetto di quel basso edificio di fronte: il sole che sorge in un mattino di fine ottobre velato dalla prima nebbia. Una palla rossa, tonda, dai contorni nitidi, dalle sfumature quasi impercettibili. Bella, bellissima. Una bellezza così pura e intensa da imprimere nell'animo un'immagine viva.
Immagini e impressioni sempre come spunto di riflessione. Pensieri tuttavia poco lineari, anch'essi come impressioni, sebbene più lievi, quasi evanescenti. Il sole come calore, come vita. Il sole e il rimando all'immensità dell'universo, di fronte al quale le nostre piccole vicende appaiono così microscopiche e così risolvibili, perchè al cospetto di tanta misteriosa grandiosità tutto si ridimensiona. Il sole a illuminare alberi e strade, a evocare la raccolta delle castagne in lontane gite scolastiche, il profumo del bosco proprio a ottobre, vendemmie e meleti, sciarpe di lana e risate nel silenzio di valli incantevoli. Quel sole e il vento a spazzare le foglie nel cortile di scuola, il profumo della carta dei quaderni, il foglio rosa di carta assorbente macchiato di inchiostro blu, i pennarelli e le ore trascorse a disegnare favole e sogni.
Il sole e l'idea della campagna francese in autunno, o le sagre nelle Langhe, i profumi di vino e tartufo, i risotti alla zucca, quella cucina che coccola e conforta.
Quel sole, che ancora scalda, che ancora illumina, che rende l'autunno la stagione degli arancioni e dei bruni, che dice alla natura: accoccolati nel mio tepore, addormentati dolcemente, lasciati cullare dalla mia luce tiepida e dorata.
Accoccoliamoci quindi nella luce del sole di ottobre.

martedì 23 ottobre 2012

Amarla questa vita

Ci sono attimi nella vita che paiono epifanie.
Imbattersi per ben due volte in pochi minuti in dichiarazioni di felicità assoluta per la propria vita, pare un segno. Un segno inequivocabile a riflettere. Sulla bellezza di queste due dichiarazioni, espresse non in modo vago o superficiale, bensì meditate, avvalorate e soprattutto rese anche da chi sta affrontando momenti tutt'altro che facili. A dimostrazione che, nonostante tutto, la felicità è possibile, ed è possible esserne consapevoli, pur nella nebbia che ottenebra il futuro e rende inintelleggibile il presente.
Riflettere anche sulla bellezza della condivisione. Due donne che comunicano la loro felicità riguardo alle proprie scelte di vita e a ciò che queste scelte hanno loro offerto, e che nel farlo non celano, bensì sottolineano, gli ostacoli, le paure, le difficoltà, le lacrime che hanno accompagnato il loro percorso.
Non sempre è facile dichiarare: "sì, sono felice", proprio perché a volte si è accecati dai problemi o dai timori. E sembra retorica sostenere che proprio questi sono grandi opportunità. Eppure lo sono, davvero. Possono esserlo, quanto meno. Riguardando indietro, proprio dagli impasse, dai momenti più critici, dalle situazioni sgradevoli è emerso il desiderio di agire, di fare, di cambiare.
Arrivare ad amare anche quegli attimi è una grande conquista. Una consapevolezza che da una nuova forza, rappacifica con se stessi, facilita la comprensione e fornisce uno strumento efficace per affrontare le difficoltà future e convivere con quei momenti complicati che talvolta la vita ci propone. Condividere le proprie difficoltà, i percorsi scelti e l'amore per la vita, nella sua complessa varietà, nel suo essere facile o meno facile, nella sua imprevedibilità e incertezza, condividere tutto questo è un grande dono che si può fare agli altri. Significa dimostrare, nelle parole e nei fatti, che in quella vita "ci si è", la si sta vivendo con consapevolezza, la si sta amando per ciò che di buono o talvolta di meno buono ci offre. E dimostra che si, ci si può stare nella vita e con la vita, anche in quei momenti. E si può amarla, la vita. Amarla per il solo, meraviglioso fatto di essere Vita.

lunedì 22 ottobre 2012

Music has the power...

A volte è successo. Srotolare il tappetino, sedersi in posizione comoda, iniziare a praticare... ma non riuscire. Troppa agitazione, troppo dolore, troppi pensieri ed emozioni scomodi. Aver voglia di lasciar perdere, ma sentire il bisogno di praticare comunque, almeno per muoversi tra le asana e nelle asana, nella speranza che l'energia, libera di fluire, possa portare anche conforto. 
Ma no. Nel silenzio, non si riesce, è troppo forte la presa delle emozioni dolorose. Con una leggera musica di sottofondo, neppure.
E allora.... d'istinto scorrere tra i propri album musicali, trovare Tony Braxton e i remix di "Unbreak my Heart", sedersi in posizione comoda, e lasciare che le emozioni si sciolgano... Poi scorrere di nuovo gli album e trovare Ligabue, live (!), "Su e giù da un palco". Eresia? Forse (o quasi certamente!). Ma funziona: surya namaskar, e poi via, una bella pratica energizzante, tra l'anusara e la vinyasa, molto, tanto "solo fisica" forse, ma oggi funziona, serve, è efficace. Seguire il ritmo, ascoltare parole che piacciono ed evocano emozioni "buone". Non è pratica ortodossa, certo che no. Ma è pratica, può esserlo. E se durante e dopo il cuore è più leggero e aperto, la mente più quieta, l'anima più serena e di nuovo in connessione col Tutto...beh, ne è valsa la pena di uscire dagli schemi e fluidamente seguire l'istinto e il potere della musica.

venerdì 19 ottobre 2012

Chiudere gli occhi

Chiudere gli occhi.
Un gesto apparentemente semplice, il movimento delle palpebre a coprire morbidamente i nostri occhi. Lo compiamo ogni sera prima di addormentarci, lo facciamo sdraiati sotto il sole, avviene magari ascoltando un brano musicale, e anche in savasana, quando meditiamo o quando entriamo profondamente in noi durante l'esecuzione di un'asana.
Un gesto naturale, spontaneo, rassicurante. Ma non così scontato. Chiudere gli occhi comporta perdita di controllo su ciò che avviene intorno a noi, implica abbandonarsi con fiducia agli altri sensi e al mondo intorno a noi, amplifica le immagini del nostro mondo interiore, richiede di lasciarsi andare durante la pratica e di affidarsi al maestro che la conduce. Proprio per questo è un gesto che può riuscire difficile, creare resistenze e tensioni, evocare paure, suscitare disagio. Possono manifestarsi così reazioni ed emozioni che hanno un radicamento profondo e possono risultare fortemente spiacevoli. 
Ci vuole rispetto anche nel proporre di chiudere gli occhi. Rispetto della persona e del suo sentire, e accettazione del possibile disagio che questo movimento, così piccolo ma così carico di valori simbolici, può provocare in chi pratica insieme a noi. Abbandonarsi alla pratica, al movimento fisico e psichico che la pratica elicita e amplifica, è una sensazione forte, che può necessitare di contenimento. Il tempo fisico e psichico di ognuno di noi è diverso. Anche per chiudere gli occhi.

giovedì 18 ottobre 2012

Yoga. In una parola un mondo.

Yoga.
In una parola un mondo. 
Yoga evoca tante immagini: un guru indiano, la posizione del loto, asana complesse, posizioni in equlibrio, classi affollate ed eremi in cima alle montagne. 
Yoga evoca molti suoni: l'Om, i canti devozionali, il suono delle campane tibetane, Krishna Das e MC Yogi. 
Yoga richiama profumi, quelli dell'incenso, delle spezie, del tappetino appena svolto, della tisana fumante. 
Yoga risveglia sensazioni tattili: le mani che fanno presa sul tappetino, il liscio parquet della sala pratica, la sabbia sotto i piedi, la morbidezza di uno scialle, il calore dello Yogi Tea.
Yoga è tutto questo e molto altro ancora. Una pratica millenaria, tramandata da molti guru in stretta osservanza della tradizione, ma anche riformata e plasmata da maestri di tutto il mondo. Nei suoi 6000 e più anni di esistenza, lo Yoga ha saputo adattarsi alle epoche, ai luoghi, alle esigenze, mantenendo viva la sua essenza, conservando la sua unitarietà nella varietà delle sue manifestazioni.
Lo Yoga ha attraversato i millenni e i continenti, ha incontrato culture, usanze, religioni, persone. Un incontro che può suscitare emozioni, resistenze, intuizioni, conversioni, e, perché no, anche indifferenza.
Lo Yoga può mantenere in salute, dare risposte, condurre oltre i propri limiti, può essere di conforto o rappresentare una sfida, può farci ridere e piangere. Lo Yoga è variegato come la Vita e nel contempo uno (nel senso di unitario) come la Vita. Molteplici forme in una sola forma. "Tante onde, un unico mare".
Questo blog è ispirato allo Yoga e dedicato alle infinite possibilità di viverlo, alle vecchie e nuove modalità di osservarlo, ai molteplici modi di metterlo in relazione con altre aree del sapere, al personale modo di ciascuno di accoglierlo nella propria vita, di farsi trasformare da esso restando profondamente se stesso. "Una singola meravigliosa onda in un infinito e unico oceano".