giovedì 17 novembre 2016

Ombre

Sento che è il momento di onorare. Di onorare anche questa ombra, questa crepa nel cuore, questo momento di pausa buia e silenziosa, che ha fatto irruzione nel pieno di un flow che appare inarrestabile, e che lo è, inarrestabile. Onorare l’emersione di quei residui - dubbi, paure, tentennamenti, conformismi - e l’insostenibilità di altro che non sia in sintonia. Onorare che la Luce abbia messo in risalto le poche ombre, e che quelle ombre ora mi disturbino più di prima.
È una buona notizia, perché la visone nitida e la chiarezza sono frutto e causa dell’Intenzione, quella con la "I" maiuscola, quella con non si nutre di illusione, ma di Verità, quella che non si arresta alla paura, ma che vede attraverso e scorge il panorama più ampio, quella che non si accontenta di stare nel momento, ma che vuole trascenderne la necessità stessa.

E con le ombre si può danzare, lasciarle volteggiare nell’aria, smontarne la fissa incombenza, tramutarle in gocce di luce, liberarne l’energia in una pioggia liberatoria di possibilità che sfavillano al sole.


(Special Thanks to The Music... Namasté, Maestro)


venerdì 7 ottobre 2016

Allineamento

L'altro giorno ho avuto un'esperienza sgradevole.
E mi sono accorta come ormai sia per me imprescindibile - sempre e più che mai - l'allineamento con le mie intenzioni e con i miei valori.
E come di giorno in giorno questo allineamento si faccia più definito, sempre più qualcosa che permea ogni mia azione e ogni mio progetto, sempre più qualcosa che è parte essenziale del mio percorso di crescita - personale, professionale, spirituale. 
L'allineamento con le mie intenzioni e le mie motivazioni più profonde nutrite da ciò in cui credo.

Ho lasciato la mia attività nel mondo business perché non condividevo un certo modo - imperante - di trattare le persone, di gestire aziende, di relazionarsi. E di nuovo, dopo lunghi anni, ho preso le distanze da un altro ambiente dove quelle stesse logiche si stavano subdolamente insinuando, e le ho prese per gli stessi motivi, per la stessa chiamata a essere fedele a me stessa, a ciò in cui credo, a ciò che desidero essere e agire.

Oggi più che mai quei valori, quella filosofia di vita, quel desiderio di essere il cambiamento che voglio vedere nel mondo, quella fede incrollabile in un mo(n)do nuovo che so essere a portata del nostro impegno, oggi più che mai sono al centro del mio progettare e agire.

E non ci sarebbe progetto o azione altrimenti. Non potrebbero esserci, e soprattutto non dovrebbero esserci. Perché non sarebbero autentici, vibranti di vita, colmi di entusiasmo ed energia, come solo qualcosa di davvero voluto e di davvero sentito possono essere.

Non mi interessa fare per fare. Mi interessa fare ciò in cui credo. 

lunedì 3 ottobre 2016

Detox d'autunno

Pensavo non fosse in fondo poi tanto necessario, pensavo quasi di rinviare, ma la prima defiance stagionale - un malessere che mi ha colta nel fine settimana - mi ha ricordato dell'importanza di non procrastinare ciò che ci rigenera in profondità. E così sono tornata in carreggiata, ho rimesso a calendario per oggi l'inizio delle mie tre settimane di detox, un appuntamento a cadenza semestrale, una sorta di "tagliando" per garantirmi il benessere e per preparare il mio corpo alla stagione più fredda.

Occuparsi di detossinare il nostro corpo e le nostre abitudini non è né un lusso né un'imposizione di rinunce, ma è un modo per prendersi cura di noi stessi. E non c'è un modo più giusto per farlo, se non il modo che rispetta profondamente il nostro organismo. Non c'è un Detox assolutamente valido per chiunque, ma c'è solo quello perfetto per ciascuno in un determinato periodo della propria vita.

C'è però un periodo più utile ed efficace di altri per donarsi questo spazio di pulizia e di rinnovamento, e il periodo è quello autunnale (insieme al suo corrispettivo primaverile): il cambio di stagione, la transizione in atto in questi giorni sopratutto nei climi come il nostro, è un momento delicato per l'organismo e il processo di disintossicazione dalle sostanze che abbiamo trattenuto durante l'estate ci aiuta dopo l'assestamento dei primi giorni, a vivere questa transizione come un'occasione per recuperare energie e riassestarci.

Come ho scritto anche in passato, detox più approfonditi e intensi è bene avvengano sotto controllo di un medico o di un dietologo, ma per chi come me ora semplicemente desidera lasciare andare ciò che inavvertitamente ha accumulato e risintonizzarsi con ritmi e modalità non solo alimentari, ma anche di sonno-veglia e di gestione del proprio tempo, più sane e armoniche è sufficiente apportare qualche lieve modifica alle proprie abitudini.

Ascoltandosi, prima, e individuando il proprio obiettivo per questo detox - ridurre lieviti e zuccheri, perdere qualche chilo, reidradarsi, limitare il multitasking, dormire meglio sono solo alcuni degli obiettivi possibili - per poi disegnare un graduale avvicinamento a un periodo di qualche giorno di detox più intenso (nel mio caso sarà una settimana senza lieviti e latticini e con più verdure di stagione, e la ripresa dell'abitudine, che si è un poi persa via in questo ultimo mese, di bere più acqua oltre a una riduzione degli input dai social media), per poi riemergere conservando quanto di buono abbiamo fatto nostro e rendendolo la nostra nuova abitudine.

Adesso che ho iniziato sento che non vedo l'ora di andare incontro al mio detox stagionale, consapevole che dopo la resistenza iniziale sarà un crescendo di energia, di salute e di vitalità.



(Immagine da Pinterest)

venerdì 30 settembre 2016

Gli ingredienti essenziali


Ieri qui sono accadute cose stupende, a tratti incredibili.


Come dicevamo con un'amica, i miracoli non solo possono accadere, ma accadono.

E, ormai mi sento proprio di dirlo, accadono mossi da tre ingredienti essenziali: 

dall'Amore che ci mettiamo (in ciò che siamo, in ciò che facciamo, in ciò che agiamo nel mondo) e di cui ci avvolgiamo - e di cui abbiamo anche il coraggio di manifestare il bisogno, chiedendo "una dose extra" a chi sappiamo sarà pronto a inondarci della forma più pura di compartecipazione; 

dalla fiducia incrollabile nel nostro potere di farli accadere, quella fede "senza se e senza ma" nella bontà e dignità dei nostri sogni e desideri e nelle nostre capacità di essere co-creatori del nostro destino;

e dall'impegno che tanto Amore e tanta fede inevitabilmente rendono colmo di entusiasmo, di forza inarrestabile, di gioia che si propaga in ogni nostra azione.

Amore, fiducia e impegno nei nostri mezzi e scopi ogni volta che ci presentiamo alla vita, 
pronti a fare la differenza. 

Che sia una differenza per noi stessi o per il mondo. 

Che poi è la stessa cosa, perché un "noi stessi" più felice, autentico e autenticamente innamorato della propria vita crea quel ripple-effect che inevitabilmente influenza il nostro micro- e macrocosmo, ispirando chi abbiamo accanto, motivando chi cresce insieme a noi, generando un movimento a crederci davvero e a fare per davvero.


(Immagine da Pinterest)




martedì 27 settembre 2016

Fierce Grace

Oggi voglio parlarvi di un'esperienza che mi ha cambiato la vita.
Proprio un anno fa scrivevo un post che oggi definirei profetico: di lì a poco infatti la mia vita si sarebbe shakerata rimescolando intenzioni, progetti, collaborazioni, priorità. 
Come tutti i cambiamenti radicali, a un'iniziale perdita di punti di riferimento è seguita una riorganizzazione profonda, che ha abbracciato tutto il mio essere in ogni sua sfaccettatura.
Ci sono stati molti incontri importanti in quelle settimane - un segno inequivocabile dell'Universo che aveva già in serbo per me quel "meglio" a cui anelavo ma che credevo a quel tempo irraggiungibile - e tra questi il prezioso incontro con Carrie-Anne.
Attrice, madre, insegnante di yoga, ma soprattutto donna e Anima splendente. 
Un solo sguardo nel suo meraviglioso mondo durante una "call" in cui ha condiviso con noi il suo essere Donna oggi, e ho sentito di essere "a casa". 
Grazie alla sua guida mi sono avventurata a riscoprire spazi, modi e significati che erano sopiti in me, a tratti perduti. Attraverso tecniche di yoga, meditazioni, esercizi creativi, e soprattutto attraverso la condivisione collettiva di un gruppo che si è raccolto intorno a lei - e che cresce di giorno in giorno - ho ri-trovato, per non perderela più, quella profonda connessione con me stessa che la frenesia della vita e il battage senza fine della società in cui viviamo continuamente mettevano a repentaglio.
Ho trovato una centratura nuova, più autentica e più forte, e un'identità che sente di potersi esprimere con grazia e con impeto.
Ed è così che si chiama il progetto di Carrie-Anne: Fierce Grace Collective.
All'apparenza un corso on-line, nella realtà un luogo di profonda e genuina condivisione, uno spazio di crescita, di messa in discussione e di riorganizzazione intorno ai valori che più autenticamente sono i nostri - quelli di ciascuna di noi. Vi suggerisco caldamente di esplorare ciò che Carrie-Anne ha da offrire e da condividere, una ricchezza di contenuti facilmente integrabili nella vita quotidiana, un'occasione di trasformazione profonda che non sottrae tempo prezioso alle nostre vite, ma anzi crea quegli spazi interiori indispensabili per una vita vissuta in autenticità e presenza.

Per saperne di più e unirti a noi clicca qui: Fierce Grace Collective



giovedì 8 settembre 2016

Dell'imperatività dell'amore per se stessi...

... ossia di quello che in inglese si chiama tanto efficacemente radical self love.
C'è chi lo vive ed esprime quotidianamente, chi non lo conosce e chi riesce ad accedere a questa dimensione solo di fronte a soprusi o a vicende di vita che richiedono la difesa di se stessi.
Ho sempre appartenuto a quest'ultima categoria. Capace fino in fondo di rivendicare i miei diritti, di proteggere e di far rispettare me stessa nei momenti di difficoltà, meno brava (e preparata) a rivolgere a me stessa lo stesso intenso e fiero Amore nella pacifica quotidianità.
Radical self love. Forse perché mi è sempre apparso come un qualcosa in più da mettere in campo quando è necessario, dando per scontato che nella maggior parte dei casi della vita - nel tran tran quotidiano insomma - fosse una sorta di superpotere in eccesso, magari anche un poco inopportuno.
Siamo cresciuti, molti di noi, a "pane e amore verso l'altro", un po' meno ad amore per noi stessi. Che non è il narcisistico compiacersi e nemmeno la sfrontata presunzione o il tronfio porsi su di un piedistallo (lo esplicito perché conosco chi confonde le due cose), ma è "Amarsi" con quello stesso trasporto e con la dedizione totale con cui amiamo figli, compagni, i nostri cari.
Un amore "senza se e senza ma" e soprattutto senza necessità di essere esternalizzato, un amore che nutre e che vivifica, quell'amore incondizionato che ci mette le ali e ci fornisce riparo.
Un amore che talvolta difficilmente si trova in tale purezza all'esterno - perché le vicende della vita creano schermi e ostacoli, perché ognuno di noi è un'anima in viaggio e i rapporti umani sono le nostre tappe di crescita, perché certi incontri sono fatti per dissolversi, perché nulla è per sempre, perché... - un amore tuttavia che possiamo coltivare e accrescere dentro di noi (per poi riversarlo all'esterno. Ma questa è un'altra storia, un altro post, un discorso tanto più ampio).
Ebbene, sia come sia, per fortuna arrivano momenti nella vita in cui si hanno rivelazioni: la mia di questa mattina è proprio questa. Radical self love sempre. Ogni giorno, ogni minuto. Non solo quando è una spada e uno scudo in mia difesa, ma soprattutto quando è una "semplice" pratica quotidiana.
Non solo nel frastuono, ma soprattutto nel silenzio. Nel gesto, nel rituale.
Per fare bene abbiamo bisogno di stare bene. E per stare bene abbiamo bisogno di occuparci di noi stessi, seriamente, prendendoci l'impegno di osservare il barometro del nostro benessere - giorno per giorno, ora per ora, istante per istante. Perché se non stiamo bene, facciamo danni. Danni piccoli, magari, lievi increspature, che tuttavia sommandosi possono facilmente rendere ruvida la nostra via.
Perché dormire troppo poco, affannarsi in giro, non prendersi quell'attimo di respiro (quel caffè, quel mazzo di fiori, quello sguardo al cielo), prevaricare le proprie esigenze in qualsivoglia modo, non fa che renderci fragili o eccessivamente rigidi... insomma, non ci fa stare bene. Abbiamo bisogno di stare bene per dare il meglio di noi stessi a questo mondo, che tanto ne ha bisogno.
E dedicarci a noi stessi - amarci - non può essere un'eccezione ritagliata nell'intricata trama della nostra vita quando intravediamo uno spazio, ma deve essere una pratica quotidiana, un coltivare noi stessi costantemente. Così come coltiviamo le nostre competenze, i nostri contatti reali o social, i nostri beni materiali o immateriali, le nostre relazioni, la nostra immagine, così è importante coltivare quell'amore per noi stessi che è alla base di tutto. Amarci e onorarci ogni giorno della nostra vita. Perché come disse qualcuno "l'unica persona che avrai sempre accanto sarai tu stesso", e questa relazione con noi stessi - autentica, amorevole, genuina e sempre, sempre rispettosa dell'altro (che altro non è, ma anche qui, altro post altra storia altra dimensione) - è ciò che realmente può fare la differenza e farci fare la differenza.
Non è sufficiente occuparci di noi stessi quando non stiamo bene; è imperativo farlo quando stiamo bene, quando siamo al nostro meglio, e non attendere di sentirci un poco fuori fase... anche lì, è troppo tardi. Prevenire è meglio che curare. E se stiamo affrontando turbolenze continue, se stiamo spendendo le nostre energie per sostenere quelle di altri, se stiamo riversando la nostra attenzione all'esterno - per essere utili, per fornire supporto, per raggiungere un obiettivo, per qualsivoglia ragione - è imperativo ricordarci di ricostituirci, di nutrirci nel profondo - di riposo, di gioia, di esperienze, di bellezza... ancora: di ciò che ci fa stare bene. Non è opzionale, è una necessità.
Devo fare ancora molta strada per padroneggiare tutto questo, ma non è più tempo di posticipare e di stare a vedere: il tempo per me è ora. Adesso. 



mercoledì 7 settembre 2016

Evolvere

Evolvere è una costante perdita di riferimenti, un ritrovarsi spaesati nel bel mezzo del conosciuto,  così, senza preavviso. 
Ma all'evoluzione non ci si può opporre, e per quanto sgomento possa generare in un primo momento, è un processo irreversibile che gradualmente sgretola i nostri circondari per svelarne di nuovi. Ed è proprio il suo protrarsi ed estendersi nel tempo e il non risolversi in un battito di ciglia a porci su terreno instabile, a rendere i nostri passi circospetti e insicuri, a farci apparire goffo il nostro incedere
Quel famoso limbo in cui non si è più di là ma nemmeno di qua appare nebuloso, ci fa sentire strani nella nostra stessa pelle, quasi non ci riconoscessimo più. Come il passaggio all'adolescenza stravolge fisiologia e certezze, così la crescita, quando veramente tale, ci rimescola dall'interno, disfacendo e ricostituendo, plasmando il nuovo nel calderone del nostro Sé.
Evolvere è una chiamata perentoria, a cui possiamo solo rispondere. 
Rispondere aprendoci completamente a un processo di cui forse possiamo intuire gli esiti ma che sfugge al nostro controllo. La nostra disponibilità è tutto ciò che abbiamo ora insieme alla certezza che alla fine riemergeremo trasformati, pronti ad evolvere ancora.



lunedì 29 agosto 2016

L'integrità delle nostre scelte

Ci sono dei momenti nella vita in cui siamo posti di fronte a delle scelte. Scelte che magari in passato abbiamo fatto a metà, e che si ripropongono chiedendoci maggiore impegno e più salde convinzione e integrità.
In quegli attimi si può sentire la battaglia che la mente vorrebbe sferrare al cuore, e si può sentire il cuore che sa di dover essere forte e radicato per poter espandere la propria verità. In quegli attimi è inutile chiudere gli occhi e guardare altrove: la stessa scelta certamente si riproporrà fino a quando non avremo realmente e consapevolmente scelto.
E spesso sappiamo bene qual è la via, quella reale, e la scelta di per sé si rivela effimera; eppure ancora più spesso tendiamo a optare per quella che appare come la via "corretta", bene accetta, normale, e ci impediamo così di agire realmente il cambiamento e la qualità che vorremmo.

"Choose Love over fear" è il mantra che mi ripeto in questi casi. 

"Choose Love over fear" because "only Love is real".

Scegliere l'Amore, scegliere con il cuore, scegliere in profonda connessione con il nostro Sé superiore e con le forze amorevoli e invisibili che guidano l'Universo è l'unica vera scelta. 
Lo sappiamo, ma finché non agiamo dando espressione al nostro sapere non possiamo realmente interagire con quelle stesse forze, pronte è disponibili a sostenerci nel nostro percorso.
Può non apparire facile, può spaventarci un po', può farci sentire esposti, ma nel contempo è ciò che ci permette di re-integrarci, di sentirci puri e completi, di riconnetterci alla nostra essenza, di Essere in un senso più pieno, compiuto ed efficace.





giovedì 4 agosto 2016

Incontriamoci dove siamo

Ieri leggevo il post di una dei miei mentori, che rifletteva sulla tendenza a identificare le persone con le loro abitudini, preferenze e attitudini del periodo iniziale in cui le abbiamo conosciute e frequentate, così impedendoci di entrare in contatto con la persona come è di momento in momento. E così perdendoci la possibilità di testimoniare e di assistere il suo processo evolutivo - e anche il nostro.

C'è molta verità in queste riflessioni, e istantaneamente la mia mente è andata a esplorare la mia esperienza, in entrambi i ruoli. È una tendenza forte, quella di ancorare la nostra conoscenza a dati esteriori, tangibili, concreti che possano farci dire "A è così, B predilige questo e quest'altro, C ha sempre fatto quelle determinate cose"; una tendenza che soddisfa il bisogno della nostra mente di trovare punti saldi e schemi certi. Ma questi aspetti - esteriori, tangibili, concreti - sono molto meno essenziali e solidi di quanto crediamo, e anzi spesso mutano con il mutare delle stagioni dell'anno e della vita, mentre si cresce e si evolve, si imparano cose nuove e si scorgono nuove prospettive. Inconsapevoli talvolta che ciò che resta immutato, nella profondità dell'Anima, trascende l'espressione di una caratteristica momentanea.

E tuffandomi nel cuore delle relazioni più importanti della mia vita attuale ho colto la conferma di tutto questo: le relazioni più vive e autentiche - soprattutto quelle di lunga data - si nutrono della gioia e della meraviglia di incontrarsi ogni volta in un nuovo luogo dell'Anima, in una modalità di essere che si evolve e si ramifica, si sviluppa e nuovamente si condensa, in una danza in cui siamo di volta in volta testimoni e protagonisti, ma sempre con una qualità di presenza colma di Amore e di incoraggiamento, in cui coltiviamo e conteniamo reciprocamente lo spazio per l'espressione e la crescita del nostro Sé più vero per dove e per come è ora. Senza aspettative, senza giudizio, senza attaccamento, ma con Presenza, Compartecipazione, Rispetto e Amore. 



mercoledì 27 luglio 2016

Un abbraccio che profuma di eternità

"Si dovrebbe ..." "Sarebbe meglio...." "Non si usa ..." "Non si fa." "Normalmente..."
Quante abitudini. Quanti limiti. Quante credenze limitanti sull'opportunità o meno di certi gesti, di certi doni, di certe parole.
Ma se è l'Amore - quello vero, incommensurabile, disinteressato, con la A maiuscola e il significato immenso - se è quell'Amore a dare origine al nostro comportamento, proprio quei gesti, quei doni, quelle parole, nell'essere liberi dal preconcetto e dalla costrizione, divengono balsamo per l'anima ed espansione del cuore - di chi esprime e di chi riceve. 
E come un fiore che spontaneamente si lascia cadere in uno specchio d'acqua genera cerchi concentrici che si espandono all'infinito, così quell'Amore tuffandosi in un cuore ne inonda altri ed altri ancora, in un abbraccio che profuma di eternità.
Grata per le Anime belle che popolano la mia vita. ♡


mercoledì 22 giugno 2016

Danzare nell'infinito

Scrivevo oggi di legami che trascendono il tempo e lo spazio.

Di quelle certezze che sono la nostra connessione più profonda con il divino.

Di incontri che di casuale hanno solo il modo di essere categorizzati dall'esperienza umana e dal suo affidarsi troppo a quei cinque sensi che si illudono di essere unici.

Scrivevo di presenza vera, di relazioni in cui si è per ciò che si è. Di quell'esserci l'uno per l'altro che sfugge al quotidiano e danza nell'infinito.

Scrivevo, e sentivo. Sentivo da mesi ormai quella nota stonata, quel velo che sembrava essere calato come un'ombra. E scacciavo il pensiero, razionalizzando. 

Ma... sentivo. Lo sentivo.. quel "tremito nella forza". Lo sentivo. Disgraziatamente, lo sentivo.

E in fondo le parole lo hanno solo confermato. Necessarie, ma superflue. Perché già sapevo, già le mani si erano tese, oltre il tempo e lo spazio, strette. 

E avrei voluto esserci di più. Ma al tempo stesso so di esserci stata, a nostro modo, come è giusto e bene che io ci sia. Oltre il tempo, oltre lo spazio. Qui.

Non c'è di più, e non c'è di meno. È già tutto.

Essere, come e dove dovremmo essere. 

Sempre in movimento, sempre in crescita... sempre accanto. Senza pretese, senza ripicche, senza rancori, senza scuse di circostanza, senza "avrei voluto..." o "avresti dovuto...". 

Pura Presenza.

E, nella pulsazione cosmica, la nostra danza.










martedì 21 giugno 2016

Il mio Yoga Day


Un bagno di luna ieri sera. Addormentarsi così.


Un risveglio morbido. Sentirlo scorrere.


I miei rituali del mattino.


Un green juice guardando il cielo. Lento. Il solstizio a cavallo tra due giorni, una doppia occasione di armonizzarsi.


Meditazione. Oggi saranno tre, in questo martedì speciale che casualmente (o forse no) è un crocevia nella mia sadhana.


Fare il punto di questa prima metà del ciclo solare. Riflessioni a onorare il percorso e ad accomodare la direzione. Gratitudine e dedizione.


Lavoro.


Presenza, necessaria e sentita.


La nostra pratica stasera.
Insieme.
Nella semplice solennità del rituale.



Allinearsi.

Armonizzarsi.

Aprirsi.

Ricevere.

Donare. 

Onorare.

Espirare.



mercoledì 15 giugno 2016

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Delicatezza.


Poesia.


Il modo di accostarsi.



A cose.

A luoghi. 

A persone.



C'è affanno. L'estate alle porte che ancora non sboccia. Il turbinio del fine anno, concludere e progettare, sistemare e organizzare. Esserci. Fare. Partecipare.



E invece.


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Sedersi un attimo.


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Prendersi una pausa.


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Non sempre è richiesta la nostra attività, la nostra partecipazione, il nostro fare.



Talvolta è il silenzio. La quiete. Il vuoto.


Talvolta è lì la nostra risposta.




Talvolta è lì la nostra azione più significativa.




Nella silente, quieta, ordinaria quotidianità.





martedì 14 giugno 2016

Amore Infinito



Quando dicono che è Amore infinito.
Quando dicono che quando lo provi una volta non lo puoi più scordare.
Quando dicono che ti trasforma la vita.





In quegli istanti, perché non è un istante, ma sono lunghi infiniti istanti... in quegli istanti tutto cambia.








Il calore che senti.



La luce che vedi.



La  pienezza che ti colma.





L'Amore che tutto avvolge.





Non c'è che gratitudine per questo sguardo d'infinito.




Non c'è che gratitudine per ciò che ti ha condotto lì, per mano.




Squarciando un velo, afferrandoti forte, sollevandoti attraverso il tempo e lo spazio. 









E c'è Amore.







AMORE INFINITO









giovedì 9 giugno 2016

Il nostro modo.





Uno dei più grandi torti che possiamo fare a noi stessi 
è smettere di pensare con la nostra testa.




Il che talvolta tristemente accade, immersi come siamo in battage informativi di ogni genere e qualità. E accade soprattutto quando ci si specializza in un determinato ambito di studi o professionale. Chi insegna e chi studia o lavora insieme a noi è portatore sano di idee, concezioni, filosofie, background esperenziali e culturali, e spesso l'ingresso in un ambiente (professionale o formativo) comporta un recepire e talvolta assuefarsi a un modo di vedere le cose, sia esso mainstream o alternativo. Certe cose si imparano o fanno in una determinata maniera, certe altre sono preferibili, altre ancora da evitare o poco premianti... che sia la cultura di massa o quella di nicchia, sempre cultura è. 

E la cultura è sì da rispettare e assimilare nel suo essere uno dei fondamenti della nostra 
possibilità di evolvere, come singoli e come specie, 
ma nel contempo è il milieu, l'humus, il terreno fertile che ci nutre e ci sostiene, 
ma da cui siamo pur sempre noi a poter (e dover) germogliare, 
per crescere nella nostra individualità.

Così ci può accadere che qualcosa che abbiamo appreso o che facciamo ci susciti un'incomprensibile repulsione, un desiderio di evitamento profondo che razionalmente tuttavia non riusciamo a fare nostro. Si genera tensione, una tensione a fare e una a evitare, che può avere innumerevoli cause... e una potrebbe essere questa: quella cosa si può fare, ma per noi è da fare diversamente. Il modo, magari anche il fine apparente, potrebbero non essere i nostri, ma potrebbero essere culturalmente appresi o inconsciamente recepiti come l'unica via, sebbene la nostra diretta esperienza ci dica il contrario. 


Sono rare, le uniche vie, molto rare. 


Eppure quando siamo calati in un contesto in cui "si fa così" perché si pensa che "si voglia così" o "sia giusto solo così" diviene difficile prendere le distanze e riconsiderare tutto.

Ma si può fare, e si può fare riconnettendosi con le proprie motivazioni, intenzioni ed esperienze di vita. Chi siamo, cosa abbiamo vissuto e appreso è unico e irripetibile, e per questo ha un grande valore, e nel contempo più risuonare con altri che hanno percorso strade limitrofe, percorsi contigui.

C'è valore nel diversificare, e valore nell'onorare il proprio percorso, e un gran valore nel confidare nel nostro intuito, 

e immenso valore e coraggio nell'incamminarsi alla scoperta 

del nostro modo, 

del nostro messaggio, 

del nostro contributo.


Namasté.




martedì 31 maggio 2016

I confini del senso e della misura

Si sono persi i confini del senso e della misura.
Si è perso il rispetto e la capacità di stare al proprio posto, e in e da quel posto operare realmente.

Come ha detto una mia amica: "Non avrei mai pensato che una delle sfide dell'essere genitore fosse di doversi difendere da altri genitori".
Come sa di impensabile che una delle sfide di essere donna sia doversi difendere da altre donne.
(E che la sfida più grande dell'essere umano sia di doversi difendere da altri essere umani.)

Eppure, eppure succede quotidianamente e subdolamente, spesso sotto finti sorrisi e stucchevoli buonismi.

Dalle insegnanti di yoga freakettone che bombardano future mamme prospettando il parto in casa, l'allattamento fino alle calende greche, il dormire tutti nello stesso letto, il rifuggire ogni tipo di vaccino come l'unica via per essere una buona mamma, una donna vera, una mamma OK, una che la mamma la sa fare, e non, come sarebbe utile e sensato, veicolando tutto questo come una delle molteplici vie che una donna può scegliere nel totale rispetto di ciò che sente e ciò che è; alle madri dei compagni di classe che pensano di insegnare la vita ai figli altrui senza chiedersi se quello è il loro spazio e il loro ruolo (e se se lo chiedessero, probabilmente riconoscerebbero quel bel NO che è la risposta alla domanda); a quelle che sottilmente sogghignano della mamma a tempo pieno che, poveretta, non ha una carriera, o di quella che di carriera ne ha troppa; a chi ha da dire se di figli ne hai uno o cinque, ma anche quattro paion francamente troppi; a chi pensa che essere bambini sia qualcosa da superare in fretta, e mettono bimbi di otto anni davanti a film e situazioni pensati per adolescenti di quattordici, così poi cresce in fretta e si gode la vita.

E in tutto questo ci sono bambini, madri e padri che si trovano a lottare per conservare l'ambiente e i valori familiari che hanno scelto consapevolmente, e altri che sballottati dai flutti di una società alla rincorsa di non si è capito bene cosa non riescono più a trovare il loro centro, la loro rotta. E spesso le burrasche sono causate da commenti o azioni inadeguati e inappropriati di altri genitori, da atti di bullismo compiuti da amichetti le cui mamme chiudono troppi occhi o li fan passare per "cose normali tra ragazzi, si arrangeranno tra di loro" abdicando al ruolo, quello di genitore ed educatore, o altre volte ancora da genitori che si prendono libertà educative e non con i figli altrui, senza almeno il necessario confronto con chi ha il diritto e il dovere di dire qualcosa in merito (suggerimento: il genitore del bambino in questione).

Cosa ci è successo? O, se fosse sempre stato così, e ne dubito, cosa ci tiene intrappolati in questo modo triviale di relazionarci?

Cosa rende così difficile capire che ognuno di noi ha la sua storia, la sua vita, le sue esperienze, i suoi valori, i suoi traumi, le sue aspettative, le sue speranze, le sue paure, i suoi sogni, il suo cammino?
Che diritto si ha di impicciarsi nelle scelte di vita altrui, giudicando o creando falsi miti e false "uniche modalità di essere donna, uomo, madre, padre, genitore etc. etc."?
Che diritto si ha di abdicare al ruolo di genitore e lasciare che i propri figli facciano soffrire i presunti amichetti, dietro la scusa sociale del "l'adolescenza è la fase della ribellione, è normale, soffrono un po', è sempre stato così", che poi è vera fino a un certo punto? 

È giunto il momento di farsi collettivamente queste domande, di chiedersi davvero il senso, il senso di essere al mondo, di essere donne e uomini, madri e padri, figli, esseri umani che si impegnano per una vita più consapevole e rispettosa. E se vien voglia di impicciarsi nelle vite altrui, fermarsi un attimo e chiedersi: è il mio ruolo questo? Mi compete? Mi è stato chiesto? E soprattutto, sto onorando il percorso di chi ho di fronte?








giovedì 26 maggio 2016

Considerazioni di una notte di quasi estate

Sentirsi bene.
Bene, anche con quel ginocchio misteriosamente ammaccato che mi impedisce alcuni banali movimenti e per il cui benessere non pratico ormai da qualche giorno.
Bene, anche se sono fisicamente stanca, ancora in recupero di serate brave e di giornate impegnative.
Bene, anche nel bel mezzo della marea dell'altrui agitazione, una fibrillazione tormentosa che pare francamente poco utile.
Bene per aver avuto dialoghi inattesi con persone inattese in situazioni che immaginavo diverse.
Bene per quei pochi intensi movimenti che mi sono concessa questa sera in studio, trovando spazio, potenza, silenzio... e il mio ginocchio preservato e a riposo.

C'è aria di estate, quasi; c'è aria di spensieratezza. C'è anche qualche sguardo smarrito, qualcuno che, catapultato indietro di anni, di nuovo e ancora cerca compiutezza e stabilità.

Ci sono i ricordi che si affollano percorrendo le scale del passato. E ci sono sprazzi di istanti in cui tutto è fermo. 


Noi, qui. 


C'è la mail a un amico, e ci sono i messaggi con il cuore che batte di gratitudine a chi si prende cura di te da lontano, e non vedi l'ora di rivederla, ora che le occasioni sono sempre più rade.

C'è un moto di affetto per chi ci ha aiutato a mettere in piedi un sogno, e la voglia di ballare fino a notte tarda con chi ci riempie di gioia a ogni conversazione. Qualcosa si scioglie verso l'estate, ed è uno sciogliersi per unirsi.

E volutamente non uso mai le parole "tribe, "community", "family", meravigliose e dense nel loro vero significato, ma inflazionate ormai da un utilizzo fasullo, come a dire: "appartengo e quindi sono", figlio di quell'"appaio e quindi sono" e del suo cortocircuito di #hashtag e @chioccioline.

Perché non serve. Perché è rumore di sottofondo, un brusio che confonde, appiattisce, uniforma, toglie freschezza, ci rende schiavi della sete di appartenenza e dello sfoggio di possesso.

Perché non c'è bisogno di gridare la parola "amore" per amare né di descrivere minuziosamente un fiore per vederlo schiudersi. 

E il sole tramonta, e le nuvole si rincorrono. Terra e foglie verdi. L'imbrunire di una quasi estate, che inizia ora a profumare di prosecco e olive.

E ho voglia di praticare, di sentire il corpo nelle pose, la terra tra le mani, l'aria sul mio volto.

In quattro giorni, brevi e intensi, molto è cambiato, di nuovo. 

Tutto è restato immutato. 


Sentirsi bene, come non mai.



(Immagine da Pinterest)





martedì 24 maggio 2016

Le nostre storie

Viviamo nelle nostre storie.
Ce le raccontiamo di continuo, ci identifichiamo con qualità, attributi e atteggiamenti, filtriamo la nostra esperienza attraverso di esse.
Siamo questo e quello, ci capita quello e quell'altro, non può che accaderci quell'altra cosa ancora. Perché siamo fatti così, no? Perché in fondo è normale, no? Abbiamo determinati geni di partenza, determinate esperienze all'attivo, un modo di essere forgiato e scolpito. No?

Non necessariamente.

Oggi in particolare questo argomento mi sta a cuore. Oggi, con il sole che splende. Oggi con una mattinata tuffata nelle emozioni, dialoghi senza filtri, presenze "senza se e senza ma", aperture totali. Oggi che mi sono trovata a navigare sulle onde di un passato intriso di presente. 

E navigando, il vento della malinconia ha accarezzato il mio volto, in una serendipità di scambi quasi incredibile, ma appunto, se fosse ovvia e scontata non sarebbe serendipità. Per un attimo, per qualche attimo neanche tanto breve a dire il vero, sono tornata là, in quelle sensazioni del passato, raccontandomi la storia di come avrei voluto essere lì al posto che là... ma a me non può che accadere di essere là, no?

No.

No, perché sono qui. Qui. Anni dopo. Esperienze dopo. Parole "dette e ascoltate, gridate e sussurrate, scritte e intuite" dopo. Qui, e quella malinconia in fondo non mi appartiene, o meglio mi appartiene ma non mi limita, non mi definisce, non mi connota. È confortevole ritrovare emozioni conosciute, è romanticamente decadente lasciarsi trasportare sulla onde di qualcosa che abbiamo vissuto tanto a lungo, è rassicurante avere una storia, sempre quella, da ripetere a occhi chiusi, come una cantilena incessante. 

Ma io sono altrove ora. Quella rada con le sue onde conosciute è un luogo, un luogo in cui riconoscere panorami, ricordi e il profumo di fiori e di salsedine, ma non è una gabbia, non un confine. E su quel fondale non c'è nulla da cercare per me ora e nemmeno un'àncora da gettare. Ci sono già stata lì, e il ricordo vive in me - dolce, amaro, intenso, vissuto, sentito - ed è parte di me, una gemma da serbare nel cuore.

Ma sono accadute cose, ho navigato altri mari, sono tornata in questa baia riparata più e più volte e ho creduto a lungo fosse l'unica baia in cui ancorarmi... ma nel frattempo la vita si snodava, in tanti mirabili modi... fino a oggi.

Oggi mi sono rituffata in quelle acque cristalline, pronta a malinconicamente ripetere la cantilena di una vita. Ma il sole era forte, troppo, il vento rideva tra le fronde, l'ombra accarezzava la sabbia in lontananza, e non me ne ero mai accorta prima. E allora mentre conversavo con i miei compagni di viaggio, celebrando altro - quel nostro presente che ci vede fianco a fianco, tra le scelte di una vita che si manifestano in ogni istante - mi sono resa conto di quanto bella sia la mia navigazione, di quanto ho visto e scoperto, di quanto serbo nel cuore, e di quanto siano vasti gli orizzonti di fronte a me.

Vivere dentro alle nostre storie ancora e ancora e ancora, no, non è un destino ineluttabile. 
È il lasciar vivere le nostre storie dentro di noi, quello sì, che ci fa sentire integri, pieni, autentici. Onorando il nostro vissuto, le pietre miliari di un percorso, i luoghi che abbiamo visitato e attraversato... senza identificazione, senza attaccamento, senza rimpianto, ma con amore, rispetto, accoglienza di ciò che meravigliosamente siamo.

(Immagine da Pinterest)

Dedicato a due persone speciali: un presente intriso di passato e illuminato dal futuro... due scintille di eternità.




mercoledì 20 aprile 2016

Step into your power

Riemergo oggi da tre settimane di detox.
Inizialmente avevo pianificato (e condiviso anche qui) un programma di una decina di giorni, ma sin dai primi momenti mi è stato chiaro che si poteva fare di più, andare più a fondo.
L'inverno che si è appena concluso è stato per me molto denso, colmo di avvenimenti piacevoli e di meno piacevoli prese di consapevolezza e di distanza, culminato con un risultato accademico importante a sua volta esito di ore di intenso lavoro. E nel turbinio di tanti accadimenti e di un così serrato impegno, le routine quotidiane, le abitudini basilari che ruotano intorno ai cicli di riposo e di attività e al nutrimento, fisico e spirituale, sono state strattonate se non, talvolta, stravolte.
La necessità di premere il pulsante "Reset" e di tornare al mio centro naturale era forte.
Immergersi in un detox più pervasivo e strutturato è stato spontaneo, naturale.
Non sono mai stata a favore delle rinunce, ma sono per la ricerca.
La ricerca su se stessi, per comprendere e affinare il nostro essere più autentico.
Nell'eliminare cibi di cui ho teso ad abusare, nel mettere a riposo per tre settimane la macchina del caffè, nel rivolgermi esclusivamente a cibi privi di quelle sostanze che so essere non particolarmente benefiche per il mio corpo, nel pianificare e riscrivere le mie abitudini quotidiane riguardo agli orari dei pasti, ai momenti di riposo, al navigare social network e web, al check delle e-mail, nell'infine pormi in ascolto dei messaggi che corpo e mente mi hanno comunicato costantemente in queste tre settimane, ho ritrovato quel campo base, quell'area neutra da cui riemergere.
E riemergo oggi, con il primo caffè e con tante nuove consapevolezze.
Ho affinato me stessa in questo processo, ho potuto ascoltare il perché di certe abitudini, ciò di cui sentivo la mancanza, ciò che mi è indifferente. Ho potuto dare al mio corpo una tregua sana da stimoli frequenti e talvolta eccessivi - alimentari e non solo - e ho guardato alle mie routine quotidiane, alla ripartizione del mio tempo per ascoltarne l'efficacia e la compatibilità con il mio benessere e con i miei scopi.
In queste tre settimane, fedele al mio motto "in medio stat virtus" e alla mia avversione per tutto ciò che irrigidisce corpo e mente, ho avuto cura di quei momenti relazionali - tre - in cui allargare le maglie a qualche eccezione restando nella mia scelta di andare a fondo di questo processo.
Oggi riemergo. Con un'energia più vibrante, con maggiore chiarezza mentale (e queste erano le motivazioni principali che mi hanno condotta e sostenuta in queste tre settimane), con un corpo sensibilmente più sano e attivo, e soprattutto con nuove abitudini.
Con il rinnovato potere delle mie scelte.
Il potere delle nostre scelte è fondamentale. Sapere cosa vogliamo, perché facciamo qualcosa - dalle cose più semplici come consumare un pasto a quelle più complesse come accettare un lavoro o intraprendere una relazione affettiva - ci conferisce quell'empowerment che ci consente di prosperare in una vita che sentiamo essere realmente nostra.
L'esempio del caffè: ho sempre saputo che non mi è mai servito allo scopo di sentirmi energizzata o di restare sveglia (tant'è che non ne ho mai bevuti prima di esami universitari, discussioni di tesi di laurea o impegni di lavoro importanti) ma il berlo era diventata un'abitudine automatica, quotidiana. In tre settimane non ne ho sentito una carenza fisiologica, i miei livelli energetici piuttosto si sono accresciuti, ma ho sentito la mancanza dell'aroma, del calore, del rituale.
Quando ho iniziato da adolescente a bere il caffè per me era questo: un piacere speciale da gustare solo in alcune occasioni. Poi è scaduto nell'abitudine inconsapevole.
Ora, in questi giorni, ho realizzato che per me il caffè americano è divenuto negli anni un rituale che mi connette profondamente con il mio stimolo a studiare, scrivere e approfondire, e che l'espresso dopo pranzo è un accento a metà giornata non indispensabile, ma spesso piacevole, una coccola.
Riscrivere il rapporto con ciò che assumiamo nel nostro corpo (e in fondo lo sappiamo bene: siamo ciò che mangiamo), con ciò che immettiamo nella nostra consapevolezza o che facciamo nella nostra giornata, ri-scoprendo il valore che assume per noi, e scegliere così con maggiore pienezza, conferisce alla nostra quotidianità un sapore tutto nuovo, dona al nostro agire una diversa presenza, porta il nostro Sé più autentico ad affinarsi e a stagliarsi con maggiore nitidezza attraverso la nostra persona. Ci invita a incamminarci vesto il nostro Sé più elevato entrando nel potere della consapevolezza delle nostre scelte. Ci invita a "feel, act, be empowered" in ogni istante. E così a pienamente essere.


(Immagine da Pinterest)




venerdì 1 aprile 2016

Detox







Primavera. Tempo di resettare. Tempo di rinnovare e di rinnovarsi.

Come ogni anno il momento di dedicarsi al proprio benessere, di entrare in contatto profondo con le proprie abitudini, alimentari e non, per prendere coscienza di cosa immettiamo nel nostro organismo - fisico, mentale, spirituale - e per concederci una pausa da ciò che affatica i nostri sistemi digestivi, cognitivi ed emotivi, per riemergere rafforzati e rinnovati.








Quest'anno ho articolato il mio detox in una prima fase di "pausa" dalla tirannia del web: dai social network, ma anche dall'eccesso di informazioni, che sebbene utili e ricche rischiano di seppellire sotto una coltre che lievita all'infinito tutto quanto è già nella mia sfera in attesa di essere assimilato ed elaborato. Stop quindi alla tentazione di nuovi corsi on- e off-line, di nuovi libri, di nuove musiche. Le vacanze pasquali senza wi-fi in questo sono state preziose, e lascerò che riverberino i loro effetti per giorni ancora.

* * *

Da oggi invece hanno inizio nove giorni di detox alimentare, graduale e gentile, ad eliminare via via gli alimenti che so essere più dannosi per il mio organismo o eccessivamente presenti nella mia alimentazione abituale, per giungere a tre giorni di alimentazione rigorosamente vegan e semiliquida che consenta al mio apparato digerente e alle mie cellule di respirare e rigenerarsi profondamente, per poi infine gradualmente reintrodurre anche piccoli quantitativi degli alimenti "banditi" e ritrovare così l'equilibrio che so essere il più adatto al mio organismo e al mio benessere, fisico e mentale.








Non mancheranno l'oil-pulling mattutino, abitudine introdotta da poco ma che fa sentire forte e chiaro i suoi effetti benefici; la tazza di acqua tiepida e limone a seguire; un supporto antiossidante naturale; e un thermos di acqua calda da sorseggiare a casa così come in studio. 


E tanta frutta e il profumo dei fiori freschi che mi inebria.








E sarà infine anche un momento di ascolto profondo di quelle abitudini personali e relazionali che ognuno di noi si trascina appresso, da tempo immemore o anche solo da momenti più recenti: pensieri ricorrenti, piccoli vizi, dialoghi interiori, relazioni ormai esaurite, ma anche armadi colmi di cose inutilizzate, caselle di posta invase, barre dei preferiti stracolme, colonie di app dormienti sul telefono.

Giorni in cui resettare. Per ri-trovarsi e ri-partire con nuovo slancio e nuove energie.



(Immagini da Pinterest)



lunedì 21 marzo 2016

Un respiro nella povere

A volte lasciamo che la delusione ci trasformi, ci prosciughi, ci avvizzisca. Senza rendercene conto lasciamo trascorrere anni, proteggendoci da quel dolore che abbiamo provato, lancinante, ai nostri occhi immotivato e così insensato, procuratoci da chi più avrebbe dovuto avere a cuore la nostra gioia, e che invece ha tramutato lo splendore in squallore.

Ce ne si fa una ragione, e si sceglie, si sceglie di guardare oltre, di vivere oltre, di lasciare andare e di non parlarne più, lasciando cadere nel dimenticatoio per proteggere valori ben più grandi.

Se non fosse che in quel dimenticatoio abbiamo affondato anche una parte della nostra Anima, una parte gioiosa, creativa e giocherellona, quella parte che anela alla bellezza di attimi infiniti, di ricordi che si suggellano nel cuore, di leggerezza e di scintillare di stelle.

E viene il momento in cui di questo ci accorgiamo: Oddio, cosa ne è stato di quella luce, di quel fuoco, di quello spirito? E la notte diviene insonne, il cuore palpita, e il motivo di un certo nichilismo di fondo, che un poco si è insinuato in noi in questi anni come un'ombra nebulosa, si svela.

E ci troviamo a un bivio: quello tra un atto di fede nella nostra Anima più completa e tra la paura di una miccia che riaccenda quel dolore, rendendolo di nuovo ferita bruciante.

È uno di quei momenti in cui stare. Perché il facile approccio dilagante suggerirebbe di compiere quell'atto di fede, perché diamine dobbiamo essere pronti ad affrontare la paura, no? Ma credo, ora come ora, che in certi casi, quando proprio beni e valori più grandi sono lì protetti e tutelati dalla volontà di mettere a tacere l'Ego per qualcosa di più ampio, stare e soppesare sia la via. Forse quella paura va rispettata, perché sappiamo cosa faremo noi, ma non sapremo mai quanta presenza ci sarà nell'altro. Sappiamo forse anche che la ferita bruciante si rimargina - col tempo - ma quanto vale la pena mettere tutto in subbuglio ancora una volta?

Stare. Ascoltare. Ascoltarsi.

Consapevoli, e questa è la buona notizia, che abbiamo compreso quella strana ombra che si era un poco impossessata di noi.

Cosa faremo ancora non si sa. Ma ora siamo di nuovo in contatto con quella parte di noi che seppellita nella polvere di quel remoto dimenticatoio non ha mai smesso di respirare, chiedendo solo di essere ritrovata.


mercoledì 16 marzo 2016

Does it add value?


"Da un grande potere derivano grandi responsabilità."

Crescendo nel viaggio verso se stessi arriva un momento in cui si conquistano grandi spazi: nuove consapevolezze, più accurate comprensioni, più ampia libertà. Libertà di plasmare le proprie giornate, di scegliere il proprio percorso, di indirizzare le proprie azioni.

Una libertà che ci invita a ponderare ancora più a fondo. Più siamo liberi più siamo invitati a essere consapevoli delle nostre scelte, di ciò che immettiamo nella nostra vita, di ciò che irradiamo intorno a noi. 

Does it add value?

O, invece, di valore ne sottrae?

Più cresciamo più non possiamo permetterci - se vogliamo essere veramente - di lasciarci trasportare dalla corrente senza presenza e senza consapevolezza di ciò che davvero a ogni atto immettiamo nel mondo. Siamo noi, ciascuno di noi, a dare forma non solo al nostro microuniverso, ma anche al macrocosmo in cui viviamo.

Ogni pensiero e ogni atto contano. La nostra volontà e la volontarietà del nostro agire contano. Vivere consapevolmente e pienamente richiede presenza. E la presenza di qualità richiede intenzione. E l'intenzione richiede porsi delle domande, e, a quelle domande, dare delle risposte.

Immettere un semplice desiderio in circolo e lasciarsi andare alla corrente è un modo sensato e comodo di vivere, meglio certamente dell'opporsi al fluire spontaneo della vita. Ci insegna - o dovrebbe insegnarci - l'umiltà e il silenzio dell'ego; ma è solo un passo. Un passo per comprendere come immergersi davvero nel fluire della vita, nei suoi cicli, nella sua periodicità, e nelle sue deviazioni repentine.

Non un ottuso seguire gli eventi silenziando lo spirito critico e i propri valori e ideali, un opportunistico cavalcare le onde, qualunque esse siano, ma un apprendere come governare la rotta in sintonia con la vita che si dispiega con e insieme a noi. 

Siamo artefici del nostro destino, in quanto artefici di ogni nostro pensiero e atto, di ogni nostro e di ogni nostro no. Siamo gli "architetti della nostra vita", una vita che si affianca e che si intreccia con altre vite e insieme, tutti noi, intessiamo quella che è la nostra realtà.

Does it add value?

È, ciò che faccio, in armonia con ciò in cui credo, con ciò che desidero manifestare in questo mio passaggio terreno? Sto vivendo nel rispetto dei miei valori profondi? Sono pronto ad allontanarmi da ciò che non rispecchia quel mio profondo sentire? Sto scegliendo l'autenticità, e rifiutando di alimentare l'opportunismo di facciata?

Does it add value?

Sto dando il meglio di ciò che sono a me stesso, alla mia famiglia, agli amici, al mio spazio di condivisione? Sono i miei gesti espressione di quella gentilezza e del rispetto che pretendo per me stesso?

L'affidarsi al fluire e il vivere nell'adesso rischiano di diventare scappatoie deresponsabilizzanti se ci dimentichiamo le nostre intenzioni profonde e i valori in cui crediamo e che desideriamo plasmino e siano espressione delle nostre vite.

In ogni istante la domanda Does it add value? ci riporta istantaneamente al qui e ora, alla corrente di eventi in cui siamo immersi, e alla possibilità di scelta, che ogni attimo ci offre, di camminare sempre più sul nostro cammino, di manifestare sempre più ciò in cui crediamo e di togliere nutrimento con l'integrità del nostro comportamento a ciò che non ci corrisponde, che non respira dei nostri stessi ideali, valori, intenzioni.

Ogni attimo dipinge la nostra vita, la vita è fatta dei nostri giorni, delle nostre ore, dei minuti trascorsi. I nostri like e condividi sono gli attimi di cui vogliamo sia composta la nostra vita? Danno visibilità a ciò che davvero riluce di ciò in cui crediamo? È tempo ben speso? Lo è quello assorbiti nelle chat di whatsapp? Quello a leggere e a guardare materiale on- o off-line? Quello a trovare il selfie perfetto per mostrarci al mondo? Non c'è una risposta univoca. Non c'è una risposta giusta o sbagliata. Sono solo alcune delle domande più semplici che possiamo porci, più volte al giorno, riguardo ad azioni che paiono infinitesimali, ma che sommate nutrono o lasciano dissolvere. E domande più grandi e importanti sorgono nei nostri rapporti con familiari e colleghi, nel nostro dedicarci al lavoro, nella spesa che facciamo, nel tempo libero che organizziamo.

Scegliamo, sapendo. Sapendo che ciò che scegliamo manifesterà il nostro mondo, micro e macro. Sapendo che ogni istante potrebbe essere l'ultimo, sapendo che abbiamo un grande potere, ciascuno di noi, e che ritornare allo spazio delle proprie intenzioni non è un lusso, ma l'intrinseca espressione della nostra Anima.

La libertà ci invita a essere presenti, nelle scelte piccole e in quelle grandi, nel lavoro come nel divertimento, in compagnia come nel rapporto con noi stessi. 

Does it add value?

Ciò che faccio ora apporta valore alla mia vita e a quella di altri? O è solo un'espressione egoica priva di anima, uno scherzo della noia, un esercizio intellettuale, un riempitivo, una rivalsa?

Le risposte muteranno di volta in volta, ma quella piccola domanda inviterà in ogni istante le nostre intenzioni più profonde a essere parte del nostro vivere quotidiano, e così a manifestare la realtà.









venerdì 11 marzo 2016

The void. The joy.







Aprire gli occhi.





*





Un giorno nuovo.




*




Talmente nuovo da non assomigliare in nulla e per nulla a tutti quelli che lo hanno preceduto.





Lo stesso sole, lo stesso cielo, gli stessi ambienti, la stessa vita.





Ma totalmente nuovi.




*




Sono gli occhi a essere cambiati.




*




Perché ciò che fino a ieri era 



un sogno dell'Anima :: molto, molto tempo prima

un rimpianto :: per lunghi anni

un desiderio :: nelle giornate più buie e senza uscita

un progetto :: timido, ma reale

un obiettivo :: nutrito della potenza dell'Io

un traguardo :: a pochi, tortuosi passi da me



oggi


è.




*




È in me.

È me.

È.




*




Un'esperienza vissuta, assorbita, completa, integrata.




*




E sta ancora colando nel profondo, trovando il suo nucleo, irradiandosi in ogni cellula e in ogni atomo, in ogni sfera più sottile dell'Essere.




*

*

*





Completamento.





Pace.





Vuoto.





Gioia.





*





La pienezza che schiude il vuoto. 





*





Nuovi spazi - vasti, sconfinati -  si liberano.











Toglie un poco il fiato questo orizzonte libero, a perdita d'occhio.









Lo assorbi. E ti lasci assorbire.









Non c'è fretta. 









E il tempo rallenta. 









Si espande.









*







È la fine.







*







E come ogni fine che possa definirsi veramente tale



è solo un nuovo, incantevole inizio.





*