sabato 24 novembre 2012

Corpo e cuore

Doveva essere il tuo periodico week-end intensivo di yoga. Quello in cui incontri il tuo Maestro, i compagni di percorso, in cui ti rigeneri, e pratichi e mediti e vivi di yoga e nello yoga, totalmente. Quello lontano da tutto e vicino a tutto il resto. Ma è stato, prima ancora, il week-end degli amici e degli affetti. Con la casa che si è riempita di persone care, di risa, di buon vino, di ottimo cibo, di vita,  di gioia. Con una settimana di preparativi per rendere la serata indimenticabile, per mercati e poi in cucina, tra i libri di sempre e nuove ispirazioni, a preparare, con amore e dedizione, il pasto della festa. Cupcake, insalate, verdure colorate dell'arancio di stagione, un gelato alla fragola tanto fuori stagione quanto dolce e coccoloso, e i funghi e i formaggi... E nell'aria l'inconfondibile energia che solo le feste tra amici sprigionano, quando tutto è un rimescolarsi di voci, anedotti, ironia affettuosa e complici sguardi di intesa.
Quell'energia che ti accompagna fino a tarda ora, e poi si riordina la cucina, ci si corica, ma è ancora tutto lì, così vivo e vicino che puoi quasi toccarlo.
E l'indomani il corpo non vuole. Non vuole alzarsi e lasciare quella casa così animata, così viva, così energizzata, come non era forse da un po'. Quel corpo vuole restare lì a bearsi degli attimi trascorsi da poco, pigramente godersi le stanze e la vita insieme, in un mattino di novembre così soleggiato dietro le imposte e ancora tiepido. E il cuore, soprattutto lui non vuole. Vorrebbe correre dal Maestro, per apririsi alla pratica e alla saggezza dei gesti e delle parole, ma è già aperto, ricolmo di energia frizzante, nuova, benefica, amorevole. È in parte come la famosa tazza di the già piena che non può contenere null'altro. È un cuore colmo, appena riempito di vita e di gioia. È necessario del tempo perchè tutto questo filtri completamente all'interno, venga assorbito, rimanga sì nel cuore, ma in un cuore in cui c'è nuovo spazio. E quei battiti accelerati, che inizialmente spavantano, sono la sua voce come a dire: "Sono ricolmo. Beatamente ricolmo. Lasciami vivere la pienezza. Non correre a prendere quel treno, non portarmi ad assimilarne altra. Sono colmo e felice. Ora non c'è spazio per altro."
Ogni cosa a suo tempo. Il corpo e il cuore lo sanno. Basta ascoltarli.
Dal tuo Maestro andrai la prossima volta, questa volta il tuo Maestro è stato il tuo cuore.

mercoledì 14 novembre 2012

Affidarsi alla gentilezza

Essere gentili. Il suono stesso della parola "gentile" evoca morbidezza, delicatezza, fluidità. 
La gentilezza come qualità dell'agire e del pensare, intrinseca allo yama della "non violenza" (ahimsa). Come trasmessoci da Patanjali negli Yoga Sutra, yama è l'attitudine verso gli altri, verso le persone e gli esseri viventi in genere. Ma "gli altri siamo noi" e quella stessa qualità è bene rivolgerla anche verso noi stessi. Troppo spesso ci si preoccupa, o talvolta ci si sforza, di essere gentili verso gli altri e ci si dimentica di esserlo verso se stessi. 
Eppure è dalla capacità di rispettare e di accudire in primo luogo se stessi che scaturisce la profonda capacità di rivolgere agli altri azioni e pensieri realmente gentili. "Ama il prossimo tuo come te stesso". Parole profonde, universalmente note e ripetute tante volte, ma di cui a volte si tende a sottolineare l'aspetto altruistico e a ignorare o a sottovalutare quello apparentemente egoistico. Si da forse per scontato che l'amore verso se stessi sia sempre più grande. Forse lo è, o spesso lo è. Ma nel contempo, forse, la qualità di quell'amore verso se stessi non è così totale, così morbida e accogliente come potrebbe essere. Quante volte ci critichiamo, quante volte non ci prendiamo cura del nostro corpo, quante volte ne ignoriamo i segnali, quange volte ci autoinfliggiamo sofferenza rimuginando su preoccupazioni e delusioni, quante volte non rispettiamo i nostri tempi, le nostre esigenze, la nostra natura? 
E qui si rivela l'importanza dell'ascolto. Ascoltare l'altro, le sue esigenze, per poter essere realmente gentili verso di lui. Ascoltare se stessi, per poter essere realmente gentili verso il sè. Senza l'ascolto non ci sono lo spazio e l'attenzione per cogliere davvero quello che c'è e quello che serve. L'ascolto, l'osservazione amorevole e non giudicante sono alla base della possibilità di essere realmente gentili. Noi stessi siamo sempre presenti nelle nostre vite. Noi siamo sempre con noi. E quindi verso di noi abbiamo la possiiblita di praticare costantemente, sempre e in ogni luogo, la gentilezza. Perché anche la gentilezza abbisogna della pratica per crescere, estrinsecarsi, evolversi nella pienezza delle sue possibilità. 
La pratica dello hatha yoga, delle asana, anche in questo è preziosa: sul tappetino abbiamo occasione di essere gentili verso noi stessi. Le difficoltà con cui l'esecuzione di un'asana può confrontarci, le resistenze o le aspettative che l'accompagnano, i fastidi fisici o il desiderio di forzare che a volte avvertiamo, sono tutte occasioni che lo yoga ci offre per praticare la gentilezza verso noi stessi. Ascoltare noi stessi. Non giudicare noi stessi. Rispettare noi stessi. In una parola: Amarci.


P.s.: ...e navigando oggi (perché ieri non se ne è avuto modo) apprendere che ieri era la giornata mondiale della gentilezza... e scoprire ancora una volta come tutto è Uno, come siamo tutti profondamente interconnessi... che l'ispirazione a scrivere oggi di gentilezza era "in the air"... Grazie della meraviglia di tutto questo.

martedì 13 novembre 2012

Could art change the world? Part two...

Un'interessante iniziativa planetaria....

http://www.rebirth-day.org/index.php

Tutto ciò che unisce nell'amore e nel rispetto è benvenuto.


giovedì 8 novembre 2012

Un passo indietro


Confusione, chiasso, rumore, parole, opinioni, discussioni.
Può arrivare un momento in cui si prova fatica. In cui condensare tutto questo, estrarne il meglio, lasciarne il peggio sembra troppo. Si è sempre fatto, ma poi ci sono momenti in cui si sente la fatica. Di star dietro a stereotipi, prese di posizione, sussurrate o gridate, e di discutere o di accondiscendere. Optare per il silenzio è una scelta, anch'essa faticosa, spesso difficile da perseguire fino in fondo. Il silenzio, gran cosa. Non è paura del confronto, del sostenere un'opinione, può sembrarlo, ma non lo è.
Il silenzio crea spazio. Spazio per ascoltare innanzitutto. E per far sedimentare, lentamente. Per osservare, anche. Per prendersi tempo. O per prendere le distanze. Per leggersi dentro, per comprendere il proprio sentire. Per non reagire, ma per, eventualmente, poi rispondere. 
Il silenzio come dono e come opportunità. Un dono che facciamo a noi stessi e all'altro, consentendoci di avere entrambi spazio, per esprimere e per comprendere. Un'opportunità che ci permette di capire se vogliamo davvero dire qualcosa, o se preferiamo stare lì, un passo indietro, a osservare, percepire, ascoltare. 

lunedì 5 novembre 2012

Writing on the mat

A volte pratica può essere anche questo: sedersi in posizione comoda, iniziare la pratica con la consueta attenzione al respiro, alla percezione del proprio corpo sul tappetino e nello spazio, eseguire i movimenti di riscaldamento della colonna e poi... Spontaneo, improvviso, il desiderio di stirarsi dolcemente, e dolcemente scivolare a terra in una savasana inattesa, gli occhi chiusi, che però dopo poco si aprono spontaneamente, improvvisamente... e trovarsi così inondati da un cielo azzurro illuminato da un sole così morbidamente dorato, come le foglie degli alberi mosse dal vento. E anche questa è pratica: incantarsi davanti alla natura che ci viene a trovare così all'improvviso, che ci illumina e ci abbraccia, che ci fa sentire tutto con l'Uno. E in quei momenti sembra che ogni asana sia già stata eseguita e che ogni asana sia lì in quel momento, come se si fluisse tra una posa e l'altra... E sentire il corpo muoversi mentre si è seduti a guardare, respirare, percepire, vivere quell'incanto. E trovarsi così a scrivere di tutto questo, restando completamente immersi nella meraviglia.