mercoledì 24 settembre 2014

Pensieri che scorrono nei primi giorni di autunno

E' autunno, è arrivato.
Settembre corre sempre, più di ogni altro (paradossalmente) il mese dell'inizio, delle attività che riprendono, dei corsi da prenotare, degli abbonamenti da rinnovare, degli impegni da pianificare.
Settembre corre, e noi con lui, proiettati verso l'autunno, verso la stagione in cui la natura si ritrae in se stessa, gli animali selvatici accumulano provviste nei boschi per i mesi freddi del letargo, tutto si prepara ai lunghi giorni di buio e di quiete, in un andirivieni, un movimento costante, un turbinio di foglie nel vento.
Quelle foglie che si fanno croccanti, i colori a riscaldarsi come a voler restituirci un po' di quel fuoco che il sole ora donerà all'altro emisfero, in quell'alternanza magica che sono le stagioni. 
E un poco sfasa questo sentirci all'inizio (l'inizio del nuovo anno scolastico per molti di noi resta come l'inizio vero, tangibile, pratico dell'anno), quando in realtà siamo nel ciclo della fine, della natura che ha compiuto il suo viaggio attraverso le stagioni, del raccolto dei frutti, del ritorno al buio da cui poi tutto originerà di nuovo.
Nelle città un po' tutto questo si perde. Restano le foglie sui  marciapiedi e la parabola del sole a ricordarci tutto ciò, e il freddo che lentamente si insinua tra gli stipiti e i vestiti.
Cerco nell'aria, nel cielo quel contatto con la natura, quel contatto che durante l'estate mi ha restituito molto, e comunicato molto di nuovo. Quel dialogo col mare, quel silenzio dei monti, quello stupore davanti ai cieli stellati, quello specchiarsi nella luna.
Cerco, e so che la ricerca vera è dentro di me. Verso quel nucleo profondo da cui tutto si diparte, che tutto ascolta, che tutto comprende.
Viviamo di ruoli, di pensieri, di luci e ombre, di emozioni, Siamo presi in mille cose, attività, impegni, relazioni, viaggi, percezioni che in ogni istante si fanno strada in noi, a livello cosciente e nel sottobosco fitto dell'inconscio, come semi che magari un giorno germoglieranno, ricoperti dalla terra e dalle foglie di questo autunno ancora acerbo.
A volte ci perdiamo, altre vorremmo aver dato e fatto meglio e di più, altre ancora siamo un po' immobili, perplessi. 
La vita ci offre occasioni innumerevoli per essere, per viverci, per esprimerci. Non sempre siamo soddisfatti della nostra espressione nel mondo. Ma anche questa "imperfezione" ha un valore. Ieri insegnando sentivo una qualità sfuggente delle mia presenza. C'ero, ma avrei voluto esserci meglio. Un suono distonico, che forse solo io ho percepito, ma che mi ha disturbata per le ore a seguire. La realtà è che nella nostra umanità dobbiamo fare i conti con le nostre naturali fluttuazioni, di umore, di centratura, di presenza. Strattonati spesso tra le nostre manifestazioni e i nostri ruoli, il nostro centro talvolta si sfilaccia, per esserci ovunque, contemporaneamente. Ci vuole pazienza, dedizione e mestiere per comprendere, apprendere, lasciare andare anche questo.
Consapevoli che dentro di noi pulsa quel nucleo autentico, unico, profondo, che ci riconnette con noi stessi e con l'infinito, ogni volta che ci rivolgiamo a lui, ogni volta che guardiamo il mondo, ascoltiamo, respiriamo, ci esprimiamo attraverso di lui.