venerdì 19 ottobre 2012

Chiudere gli occhi

Chiudere gli occhi.
Un gesto apparentemente semplice, il movimento delle palpebre a coprire morbidamente i nostri occhi. Lo compiamo ogni sera prima di addormentarci, lo facciamo sdraiati sotto il sole, avviene magari ascoltando un brano musicale, e anche in savasana, quando meditiamo o quando entriamo profondamente in noi durante l'esecuzione di un'asana.
Un gesto naturale, spontaneo, rassicurante. Ma non così scontato. Chiudere gli occhi comporta perdita di controllo su ciò che avviene intorno a noi, implica abbandonarsi con fiducia agli altri sensi e al mondo intorno a noi, amplifica le immagini del nostro mondo interiore, richiede di lasciarsi andare durante la pratica e di affidarsi al maestro che la conduce. Proprio per questo è un gesto che può riuscire difficile, creare resistenze e tensioni, evocare paure, suscitare disagio. Possono manifestarsi così reazioni ed emozioni che hanno un radicamento profondo e possono risultare fortemente spiacevoli. 
Ci vuole rispetto anche nel proporre di chiudere gli occhi. Rispetto della persona e del suo sentire, e accettazione del possibile disagio che questo movimento, così piccolo ma così carico di valori simbolici, può provocare in chi pratica insieme a noi. Abbandonarsi alla pratica, al movimento fisico e psichico che la pratica elicita e amplifica, è una sensazione forte, che può necessitare di contenimento. Il tempo fisico e psichico di ognuno di noi è diverso. Anche per chiudere gli occhi.