Inizialmente avevo pianificato (e condiviso anche qui) un programma di una decina di giorni, ma sin dai primi momenti mi è stato chiaro che si poteva fare di più, andare più a fondo.
L'inverno che si è appena concluso è stato per me molto denso, colmo di avvenimenti piacevoli e di meno piacevoli prese di consapevolezza e di distanza, culminato con un risultato accademico importante a sua volta esito di ore di intenso lavoro. E nel turbinio di tanti accadimenti e di un così serrato impegno, le routine quotidiane, le abitudini basilari che ruotano intorno ai cicli di riposo e di attività e al nutrimento, fisico e spirituale, sono state strattonate se non, talvolta, stravolte.
La necessità di premere il pulsante "Reset" e di tornare al mio centro naturale era forte.
Immergersi in un detox più pervasivo e strutturato è stato spontaneo, naturale.
Non sono mai stata a favore delle rinunce, ma sono per la ricerca.
La ricerca su se stessi, per comprendere e affinare il nostro essere più autentico.
Nell'eliminare cibi di cui ho teso ad abusare, nel mettere a riposo per tre settimane la macchina del caffè, nel rivolgermi esclusivamente a cibi privi di quelle sostanze che so essere non particolarmente benefiche per il mio corpo, nel pianificare e riscrivere le mie abitudini quotidiane riguardo agli orari dei pasti, ai momenti di riposo, al navigare social network e web, al check delle e-mail, nell'infine pormi in ascolto dei messaggi che corpo e mente mi hanno comunicato costantemente in queste tre settimane, ho ritrovato quel campo base, quell'area neutra da cui riemergere.
E riemergo oggi, con il primo caffè e con tante nuove consapevolezze.
Ho affinato me stessa in questo processo, ho potuto ascoltare il perché di certe abitudini, ciò di cui sentivo la mancanza, ciò che mi è indifferente. Ho potuto dare al mio corpo una tregua sana da stimoli frequenti e talvolta eccessivi - alimentari e non solo - e ho guardato alle mie routine quotidiane, alla ripartizione del mio tempo per ascoltarne l'efficacia e la compatibilità con il mio benessere e con i miei scopi.
In queste tre settimane, fedele al mio motto "in medio stat virtus" e alla mia avversione per tutto ciò che irrigidisce corpo e mente, ho avuto cura di quei momenti relazionali - tre - in cui allargare le maglie a qualche eccezione restando nella mia scelta di andare a fondo di questo processo.
Oggi riemergo. Con un'energia più vibrante, con maggiore chiarezza mentale (e queste erano le motivazioni principali che mi hanno condotta e sostenuta in queste tre settimane), con un corpo sensibilmente più sano e attivo, e soprattutto con nuove abitudini.
Con il rinnovato potere delle mie scelte.
Il potere delle nostre scelte è fondamentale. Sapere cosa vogliamo, perché facciamo qualcosa - dalle cose più semplici come consumare un pasto a quelle più complesse come accettare un lavoro o intraprendere una relazione affettiva - ci conferisce quell'empowerment che ci consente di prosperare in una vita che sentiamo essere realmente nostra.
L'esempio del caffè: ho sempre saputo che non mi è mai servito allo scopo di sentirmi energizzata o di restare sveglia (tant'è che non ne ho mai bevuti prima di esami universitari, discussioni di tesi di laurea o impegni di lavoro importanti) ma il berlo era diventata un'abitudine automatica, quotidiana. In tre settimane non ne ho sentito una carenza fisiologica, i miei livelli energetici piuttosto si sono accresciuti, ma ho sentito la mancanza dell'aroma, del calore, del rituale.
Quando ho iniziato da adolescente a bere il caffè per me era questo: un piacere speciale da gustare solo in alcune occasioni. Poi è scaduto nell'abitudine inconsapevole.
Ora, in questi giorni, ho realizzato che per me il caffè americano è divenuto negli anni un rituale che mi connette profondamente con il mio stimolo a studiare, scrivere e approfondire, e che l'espresso dopo pranzo è un accento a metà giornata non indispensabile, ma spesso piacevole, una coccola.
Riscrivere il rapporto con ciò che assumiamo nel nostro corpo (e in fondo lo sappiamo bene: siamo ciò che mangiamo), con ciò che immettiamo nella nostra consapevolezza o che facciamo nella nostra giornata, ri-scoprendo il valore che assume per noi, e scegliere così con maggiore pienezza, conferisce alla nostra quotidianità un sapore tutto nuovo, dona al nostro agire una diversa presenza, porta il nostro Sé più autentico ad affinarsi e a stagliarsi con maggiore nitidezza attraverso la nostra persona. Ci invita a incamminarci vesto il nostro Sé più elevato entrando nel potere della consapevolezza delle nostre scelte. Ci invita a "feel, act, be empowered" in ogni istante. E così a pienamente essere.
Ho affinato me stessa in questo processo, ho potuto ascoltare il perché di certe abitudini, ciò di cui sentivo la mancanza, ciò che mi è indifferente. Ho potuto dare al mio corpo una tregua sana da stimoli frequenti e talvolta eccessivi - alimentari e non solo - e ho guardato alle mie routine quotidiane, alla ripartizione del mio tempo per ascoltarne l'efficacia e la compatibilità con il mio benessere e con i miei scopi.
In queste tre settimane, fedele al mio motto "in medio stat virtus" e alla mia avversione per tutto ciò che irrigidisce corpo e mente, ho avuto cura di quei momenti relazionali - tre - in cui allargare le maglie a qualche eccezione restando nella mia scelta di andare a fondo di questo processo.
Oggi riemergo. Con un'energia più vibrante, con maggiore chiarezza mentale (e queste erano le motivazioni principali che mi hanno condotta e sostenuta in queste tre settimane), con un corpo sensibilmente più sano e attivo, e soprattutto con nuove abitudini.
Con il rinnovato potere delle mie scelte.
Il potere delle nostre scelte è fondamentale. Sapere cosa vogliamo, perché facciamo qualcosa - dalle cose più semplici come consumare un pasto a quelle più complesse come accettare un lavoro o intraprendere una relazione affettiva - ci conferisce quell'empowerment che ci consente di prosperare in una vita che sentiamo essere realmente nostra.
L'esempio del caffè: ho sempre saputo che non mi è mai servito allo scopo di sentirmi energizzata o di restare sveglia (tant'è che non ne ho mai bevuti prima di esami universitari, discussioni di tesi di laurea o impegni di lavoro importanti) ma il berlo era diventata un'abitudine automatica, quotidiana. In tre settimane non ne ho sentito una carenza fisiologica, i miei livelli energetici piuttosto si sono accresciuti, ma ho sentito la mancanza dell'aroma, del calore, del rituale.
Quando ho iniziato da adolescente a bere il caffè per me era questo: un piacere speciale da gustare solo in alcune occasioni. Poi è scaduto nell'abitudine inconsapevole.
Ora, in questi giorni, ho realizzato che per me il caffè americano è divenuto negli anni un rituale che mi connette profondamente con il mio stimolo a studiare, scrivere e approfondire, e che l'espresso dopo pranzo è un accento a metà giornata non indispensabile, ma spesso piacevole, una coccola.
Riscrivere il rapporto con ciò che assumiamo nel nostro corpo (e in fondo lo sappiamo bene: siamo ciò che mangiamo), con ciò che immettiamo nella nostra consapevolezza o che facciamo nella nostra giornata, ri-scoprendo il valore che assume per noi, e scegliere così con maggiore pienezza, conferisce alla nostra quotidianità un sapore tutto nuovo, dona al nostro agire una diversa presenza, porta il nostro Sé più autentico ad affinarsi e a stagliarsi con maggiore nitidezza attraverso la nostra persona. Ci invita a incamminarci vesto il nostro Sé più elevato entrando nel potere della consapevolezza delle nostre scelte. Ci invita a "feel, act, be empowered" in ogni istante. E così a pienamente essere.
(Immagine da Pinterest) |