martedì 16 febbraio 2016

Attraversare lo spazio del dolore


Il cuore impazzito.
Le parole spezzate. 
Il vuoto che inghiotte.
L'urlare dell'angoscia.
Il silenzio soffocante.


Quanti i passi che rimbombano in questo spazio.

Inattesi. 

E inattesa giunge anche la compassione per quel vuoto sterile che ha posseduto un uomo, sorrisi di plastica a vendere fumo. E giunge, perché quel vuoto fa risuonare ancora più forte i bisogni veri, la gente vera, la presenza vera. Il fumo confonde. E ciò che è bruciato è l'autenticità. E sembra non c'entrare nulla con le lacrime cha asciughi, la speranza che cerchi di infondere, l'ascolto che offri. Ma quella compassione che è sorta dove meno te l'aspetti, in mezzo a un campo arido di rovi, è il nettare che può alleviare le ferite di altri, quelle della carne viva e pulsante di Anime colme d'amore.

Com-passione. 

Viva.

Starci assieme in quel tumulto di dolore.

Che le urla sono spesso così forti da volerti far gettare la spugna, dichiarare KO, lasciare perdere.
Ma non puoi, perché il pulsare della vita ci chiede di andare avanti, di esserci anche quando le sfumature si fanno torbide, e le sabbie mobili infide.

Il rumore di quei passi che rimbombano.

E a volte non sai come fare, e allora semplicemente fai.

E ti senti avvinghiare da quei fanghi infidi, pronti a trascinare anche te in quell'oblio. E sfoderi tutte le armi che hai, e acchiappi ogni appiglio, evoluzioni per sfuggire e portarci tutti in salvo. Da quell'altra parte. 

E quando sarai là, un solo mantra:

"Healer heal thyself."

È ora.