martedì 13 gennaio 2015

Andiamoci piano.

Sempre più spesso si leggono post o articoli o si sentono discorsi riguardo all'importanza del fatto che le donne si riapproprino del momento del parto, delle scelte e delle decisioni ad esso inerenti, e che tornino protagoniste di quei momenti così importanti e unici nella vita di una donna e del suo bambino. E in questi contesti si caldeggia sempre più un ritorno al parto naturale, al parto in casa, al mantenimento della connessione del bambino al cordone e alla placenta e via discorrendo.
Considerazioni importanti, che sicuramente ci ricordano come si sia sempre partorito, come si tratti di un processo naturale, spontaneo, istintivo, connaturato all'essere una donna.
Tuttavia troppo spesso queste considerazioni, ripeto, importanti, si accompagnano a più o meno velati "giudizi" su ciò che è meglio e ciò che è peggio per la mamma e per il bambino, su come le procedure medicali siano innaturali e invasive, su come i bambini nati in modo naturale e a casa siano più forti, più sereni, più "più", su come l'esperienza del parto sia molto meglio se vissuta nel proprio letto, su come la donna dopo l'esperienza di un parto naturale sia una donna più forte e più sicura di sé.
Andiamoci piano. Soprattutto noi, insegnanti di yoga, soprattutto noi, insegnanti di yoga pre- e postparto. Andiamoci piano.
Perché là fuori le donne non sono tutte uguali. Perché non tutte le donne sono nella possibilità di fare propri questi concetti. Perché infinite sono le combinazioni di aspetti caratteriali, storie di vita, influenze familiari e sociali, paure, ansie, timori, aspettative. Perché alcune sono venute a conoscenza di avere un pavimento pelvico solo durante i nostri corsi. Perché altre non hanno confidenza così profonda con il loro corpo e con le loro emozioni. Perché altre ancora hanno subito interventi invasivi. Perché alcune, magari pronte loro stesse, hanno compagni che non lo sono, famiglie tradizionaliste o spaventate, un ecosistema in cui vivono che inculca dubbi e timori.
È facile per chi procede da anni su un percorso di consapevolezza e di ascolto interiore scegliere scientemente di percorre una strada più naturale e meno convenzionale, e in quel caso è scelta vera.
Meno facile è per chi entra in contatto con questi concetti durante la gravidanza, venendo magari da esperienze e da abitudini diverse.
Scoprire il proprio potere di donna e la capacità di attingere alle nostre forze istintuali in sala parto è sicuramente un'esperienza importante e meravigliosa, ma siamo sicuri che sia così facile entrare in contatto con il proprio potere per la prima volta in quel momento? L'empowerment come donna non sarebbe più facile e sano e sicuro apprenderlo prima, in altri contesti? Certamente ci sono donne pronte a questo, capaci di attingere a quelle forze in quel momento. Certamente consigliare loro in certe direzioni può essere importante.
Ma pensiamo anche alle altre, e stiamo attenti a non vendere facili suggestioni, perché i danni, non solo fisici, ma anche psicologici ed emozionali possono essere enormi. Non dimentichiamo che di parto si muore e che le sofferenze fetali non sono una leggenda. Non dimentichiamo che nell'inconscio collettivo c'è anche questo (e sulle prime pagine dei giornali e sulle riviste specializzate) oltre al potere generativo del femminile. Non dimentichiamo che la paura, quando ti assale, ti paralizza, e non c'è corso preparto e tecnica di respirazione che tenga in quel momento.
E pensiamo anche a chi ha già partorito e viene bombardata da messaggi "ma se avessi fatto così avresti avuto un'esperienza migliore e un figlio più forte..." e magari quella donna sta già combattendo le sue inadeguatezze.
Non dimentichiamoci di questo, del senso di inadeguatezza che viene inculcato da subito, in questa società che pone standard anomali per le donne (ma anche per gli uomini) e non dimentichiamo che non tutti hanno la forza di sottrarsi a certe influenze. Ricordiamoci di chi avrebbe voluto scegliere un parto naturale e non ha potuto, per complicanze, per sospetti cordoni intorno al collo, per parti indotti, per tutte quelle varianti infinite con cui la vita ci confronta.
E allora, sì, diamo l'informazione ma asteniamoci dal giudizio "meglio - peggio", almeno noi insegnanti di yoga. Rispettiamo le paure, le tradizioni e le storie familiari, l'umanità di chi abbiamo di fronte e di chi convive fisicamente e nel mondo emotivo di quella persona, di quel bagaglio di esperienze e di pensieri che ognuno di noi porta con sé. È vero che è bene imparare a lasciarselo alle spalle, il bagaglio, a vivere nel qui e ora, a riappropriarci del nostro potere e del nostro istinto, ma ricordiamoci che è un processo lungo e difficile (per la maggioranza di noi almeno), e illudere le nostre allieve che questo possa avvenire per tutte magicamente e spontaneamente in travaglio e in sala parto, credo sia un'altra ferita inflitta all'essere donna. Il parto ti trasforma, comunque. Perché che tu abbia scelto consapevolmente, o abbia purtroppo dovuto subire una decisione in un momento di urgenza, o non abbia avuto modo di scegliere, comunque avrai partorito, avrai dato alla luce una vita, e il come rimarrà una tua esperienza, e nessuno, dico nessuno, ha il diritto di stilare classifiche o formulare giudizi.
Credo che il nostro ruolo di insegnanti di yoga pre-e postnatal sia quello di accompagnare ogni donna sul percorso suo proprio, informando, ma soprattutto accogliendo. Proprio come quando insegniamo a una classe non preparto, dove non ci sogneremmo mai di dispensare consigli di vita come oro colato, caldeggiare certi percorsi al posto di altri e formulare giudizi sulle scelte di ciascuno.
Andiamoci piano, perché la vita, la psiche e le emozioni sono delicate. Perché una donna in gravidanza è forte ma anche fragile, e questa fragilità va accettata ed esaltata tanto quanto la forza. Perché la serenità della donna, il suo sentirsi a posto con se stessa nel dare alla luce suo figlio o sua figlia è molto più importante della diatriba "epidurale sì - epidurale no", "ginecologo - doula", "ospedale - casa". 
Muoviamoci con umiltà e con rispetto, sempre.