venerdì 7 giugno 2013

La sostenibile leggerezza di essere

Impronte. Quelle che lasciamo sul nostro pianeta, con il nostro atteggiamento di padroni della Terra, che abbiamo progressivamente stravolto.
Impatto. Quello che abbiamo sull'ambiente con i nostri consumi e il nostro stile di vita, i nostri "bisogni", i nostri capricci.
Lasciare un segno. Spesso desideriamo farlo: lasciare il segno con il nostro operato, i nostri comportamenti, le nostre parole.
Colpire al cuore. Una persona, per conquistarla o per ferirla.
Marchiare a fuoco. Esperienze che indelebilmente entrano a far parte di noi, come cicatrici sulla pelle.
Quante parole, quanti modi di dire che rimandano alla forza che possiamo, sappiamo e, spesso, vogliamo imprimere al nostro essere e agire. L'idea di lasciare un segno indelebile ci affascina, ci pare importante, spesso a fin di bene e con le migliori intenzioni. Di per sé, come quasi tutto del resto, non è una cosa brutta, e anzi, pensiamo a quante persone con i segni che hanno lasciato o che tutt'ora lasciano abbiano contribuito a rendere questo un Mondo bello, magico, artistico, musicale, colmo di bellezza e di meraviglie.
Eppure, oggi il mio sguardo si rivolge spontaneamente alla levità, a quella qualità dell'agire e dell'essere che non lascia impronte, che non impatta, che non si concretizza in segni e marchi.
La leggerezza di una piuma che si libra nell'aria, dei petali di ciliegio sospinti dal vento, del volo di una farfalla, dell'ondeggiare dei fiori nei prati carezzati dalla brezza, del mare che lambisce la riva con dolcezza, dello zucchero a velo sparso sulla torta, dei sorrisi spontanei, delle nuvole rosa al tramonto.
La leggerezza di una posa di yoga, quando nel muoverti diventi posa senza nemmeno accorgerti, quanto in trikonasana ti senti radicato a terra e sospinto verso il cielo e il corpo perde peso e compattezza per rivelare il suo essere un campo energetico vibrazionale. Quando in savasana perdi i confini, ti fondi col tutto, ti senti davvero Uno con l'energia intorno a te.
La leggerezza di non volersi fare incasellare in definizioni, di essere libera di scegliere, di parlare e di tacere, di non temere i giudizi, gli sguardi, i preconcetti.
Si muovono, intorno, persone dal passo pesante. Dicono parole, che come macigni tentano di dare una conformazione stabile al terreno su cui ci muoviamo. Esprimono desideri e giudizi, cercando di fissare un profilo, etichettare un modo di essere. In mezzo a questo tentativo di addensare l'esperienza, muoversi con leggerezza. Essere qui. E un momento dopo là. Divenire inafferrabili, liquidi, lasciarsi fluire come acqua nell'esperienza, nell'eterno qui e ora in cui si dipana la vita. Leggeri come acqua che zampilla tra le rocce, che rifrange la luce in mille arcobaleni, che gioiosa esprime tutta la sua vitalità.
Donare questa leggerezza, questo muoversi col passo felpato di un gatto che sinuoso attraversa i tetti, a se stessi e agli altri. Incarnare la leggerezza, divenendo morbidi, fluidi, trasparenti. Cosicché l'aria, l'energia ci possano attraversare, e noi vivificati possiamo a nostra volta elargire gioia e leggerezza.