Camminando nella mia città, il sole che sorge alle spalle del Duomo, un luminosità quasi da fine luglio, di un dorato irreale a illuminare una piazza stranamente vuota, silenziosa... in attesa.
Lungo marciapiedi di vie dagli impegnativi nomi storici che sanno di abbandono, proprio là dove prima c'erano caffè e negozi. Grigio, tanto grigio, e polvere, tanta polvere, nelle vetrine abbandonate.
Un esame diagnostico che si trasforma in condivisione con una dottoressa desiderosa di fare luce, nel portare acqua al suo mulino, certo, ma pur sempre di fare luce. E non è poco. E la luce va sempre bene. A quale mulino porterò acqua, poi, rimane una scelta mia.
Giacche e cravatte svogliate e di fretta, tacchi che risuonano, valigette che oscillano, occhi bassi, telefoni ovunque, nelle mani, nelle tasche, nelle orecchie.
Altre vie, una sfilata di brioche e croissant senza fine... di vetrina in vetrina in vetrina... chili di zucchero a velo, allettanti e seducenti.
Scelgo di tornare. Ho da fare stamattina, e voglia di sostenere chi accanto a me produce attenzione, amore, qualità e che vorrebbe vedere la fine di una ristrutturazione che a suon di trapani e martelli dura da mesi.
E inaspettatamente ricordo l'ortolano di fronte a casa, consigliere delle signore del quartiere, il salumiere gioviale e sorridente, la merceria che vendeva collant, le tendine di perline del macellaio, la cartoleria e le gomme profumate, barattoli e barattoli di gomme profumate... ma non è nostalgia.
È una presa di consapevolezza, irrorata dal sole di questo marzo forse già un po' troppo caldo, un marzo che fa apparire palme e banani come un presagio.
Per quanto banale possa sembrare: tutto sta cambiando, a una velocità che si incrementa di giorno in giorno, di ora in ora.
È la fine di un'epoca, e la stiamo vivendo ora, adesso, nell'incertezza che ogni fine comporta, nello sgomento di molti, nell'inconsapevolezza, temo, dei più.
Sintonizzarsi con il cambiamento - rapido, istantaneo, radicale - non è una possibilità, è l'unica via. Per me almeno.
Ed è un tornare a ciò che è basilare, a ciò che è sentito veramente, a ciò che è nel mio quotidiano immediato. Ben lontano dall'indossare un paraocchi, è un sensibilizzare ed estendere le antenne per captare, comprendere, trasformare. È connettermi con quel sapere antico e profondo in me, e da quel sapere ancestrale lasciarmi guidare - nelle scelte mie, nelle scelte nostre, in ciò che accolgo nel mio spazio vitale, in ciò che irradio da me stessa. È un ritornare all'ascolto della voce di questo pianeta - non (solo) delle voci umane, ma della voce di tutto un ecosistema che è a sua volta parte di un sistema più vasto ancora, e da quell'ascolto trarre risposte, e nuove domande.
È yoga, in fondo, nella sua accezione più vera.
Questo è con ogni probabilità l'ultimo post che pubblico su questa piattaforma. Il cambiamento è grande, il cambiamento è ovunque, ed è giunta l'ora per me di trasferire queste condivisioni in un altro luogo. Questo Blog resterà on-line, perché è stato a sua volta l'inizio di un grande cambiamento personale, ma è ora di proseguire nel cammino.
Posterò il link al nuovo indirizzo quando sarà pronto.